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Ilde Pais Marden Nanon
Lettere di emigranti auronzani:
osservazioni linguistiche
Questo approfondimento ha preso spunto da un'attività didattica realizzata nel corso di diversi anni scolastici con le classi terze della Scuola secondaria di primo grado di Auronzo di Cadore.
La ricerca, che sarà pubblicata fra alcuni mesi, è basata sull'analisi di un numero significativo di lettere originali (quaranta), scritte dall'emigrante auronzano Annibale Zandegiacomo Bianco, dai suoi famigliari ed amici, relative ad un arco di tempo di circa vent'anni, precisamente dal 1886 al 1904.
Attraverso queste testimonianze personali, a cui si aggiungono fotografie d'epoca e documenti burocratici, in gran parte consultati nell'Archivio storico del Comune di Auronzo di Cadore, è stata ricostruita l'esperienza di emigrazione di Annibale e di altri Auronzani, prima nell'Impero austro-ungarico e poi negli Stati Uniti d'America.
L'interesse da cui ha avuto origine la ricerca è stato esclusivamente di tipo storico, tuttavia l'analisi delle lettere ha messo in evidenza anche alcune caratteristi- che del linguaggio utilizzato dai nostri emigranti e dalle loro famiglie.
Le lettere rientrano nell'ambito delle cosiddette «lettere contadine»; sono, cioè, documenti scritti, ma esprimono una cultura popolare prevalentemente orale.
Esse rappresentano esperienze e vissuti linguistici diversi che in quel parti- colare momento storico hanno dovuto in qualche modo convivere. Tre sono, infatti, le lingue, e quindi le culture, che s'intrecciano fra loro:
- la lingua ladino-auronzana, generalmente solo parlata, quella dei padri e del paese d'origine, degli affetti familiari e della nostalgia;
- la lingua italiana, imparata a scuola ed usata soprattutto per scrivere, anche se con una padronanza a volte incerta;
- la lingua anglo-americana, praticamente sconosciuta, ma indispensabile per comu- nicare nel Paese d'emigrazione.
Nelle lettere analizzate il rapporto fra queste tre lingue assume un carattere par- ticolare:
- il ladino rimane soprattutto la lingua dei riferimenti alle questioni di famiglia e al lavoro svolto prima della partenza da Auronzo, riferimenti che sono frequenti perché l'obiettivo di molti emigranti, fra cui Annibale, era quello di rimanere negli Stati Uniti solo per alcuni anni per poi tornare definitivamente in patria;
- l'uso dell'italiano è frequentissimo, forse anche per l'esigenza di dare una veste «uf- ficiale» alle lettere che erano un mezzo di comunicazione usato solo in caso di neces- sità e anche con una certa fatica;
- l'anglo-americano è usato di rado, naturalmente per indicare i nomi geografici, spesso scritti in modo scorretto, oppure per esprimere quei concetti privi di un corrispondente ladino o italiano.
Nelle lettere si riconoscono le tracce di un processo di alfabetizzazione pre- sente già da tempo nel territorio cadorino: la prima scuola pubblica in Cadore, infatti, fu aperta l'I Maggio 1331, a spese della Magnifica Comunità di Cadore. Tale pro-
Annibale Zandegiacomo Bianco (in alto a destra) e la sua famiglia
cesso, continuato sotto la Repubblica di Venezia (1420-1797) e il governo austriaco del Lombardo-Veneto (1815-1866), proseguì dopo l'annessione al Regno d'Italia (1866) con la diffusione dell'istruzione obbligatoria.
In particolare, ad Auronzo nel 1823 furono istituite le prime tre classi, solo maschili, di scuola elementare e nel 1827 anche le tre classi femminili. Nel 1868 il Comune di Auronzo, primo in Cadore, istituì le classi quarta e quinta elementare, grazie all'interessamento del Sindaco, avv. Luigi Rizzardi, che fece ottenere ai mae- stri uno stipendio superiore a quello previsto dalle leggi allora in vigore.
Nel 1869, cioè nel periodo in cui Annibale Zandegiacomo Bianco era in età sco- lare, ad Auronzo esistevano i corsi maschili e femminili completi delle Scuole elemen- tari, tanto che nel 1874 il Comune fu elogiato da Antonio Ronzon con queste parole: «. ..questo paese ha fatto bei progressi da qualche anno, ed un'altra cosa in cui meri- ta lode sopra ogni altro paese del Cadore si è nella cura che ha dell'istruzione».
Il linguaggio di Annibale e degli altri Auronzani presenta alcune difficoltà ortografiche e sintattiche per l'uso non sempre corretto della punteggiatura che ren- de a volte un po' difficoltose la lettura e la comprensione del testo; tuttavia, è suffi- cientemente controllato e questo è senz'altro frutto delle loro esperienze scolastiche. Anche confrontando queste lettere con quelle pubblicate nel libro «Merica! Merica!» di Emilio Franzina, scritte da contadini veneti emigrati nell'America latina alla fine dell'Ottocento, si nota, oltre all'uso comune di diversi termini ed espressioni, un livel- lo di alfabetizzazione molto simile.
Nei loro scritti Annibale, i suoi famigliari ed amici cercano di riprodurre le
GIOVANNI MAZZARELLO,
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FERROVIARIA e MARITTIMA,
240 Spring Street.
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Lettera di Annibale Zandegiacomo Bianco da New York, datata 1 aprile 1888
Inizi Novecento. Auronzo di Cadore, località S. Rocco
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strutture dell'italiano che hanno imparato a scuola e generalmente ci riescono; co- munque è ancora frequente l'uso di forme proprie del ladino-auronzano oppure «ita- lianizzate», oltre a termini che sembrano rispecchiare influenze regionali venete.
Il linguaggio delle lettere è per molti aspetti tipicamente ottocentesco, anche se talvolta si libera di certi stereotipi e inventa modi di dire originali e personali. Ad esempio, lo stile di Annibale, nella lettera datata 1 Aprile 1888 in cui descrive la tra- versata dell'Oceano Atlantico, è fresco e spontaneo. Il viaggio per mare viene rappre- sentato in modo quasi «cinematografico», facendo rivivere anche ai lettori i disagi, le traversie, la paura della tempesta e, infine, la gioia dell'arrivo a New York.
Altrettanto interessanti e suggestive sono alcune espressioni come «impron- ta» («...questa e l'impronta del nostro Bastimento Zaandam», dove il termine «im- pronta» sta per «immagine»), e «sillaba di terra» («...siamo stati tredici giorni e tre- dici notti senza vedere sillaba di terra...»).
In modo più analitico lo studio delle lettere ha consentito di mettere in evi- denza questi aspetti che sembrano interessanti dal punto di vista linguistico 1 .
• Frequente, ma non frequentissimo, è l'uso di termini originari appartenenti alla lingua ladino-auronzana, come:
- contrade = strade, vie
- marmite = pentole
- sedime = terreno fabbricabile
- bicer = bicchiere
- pron = per ciascuno
- apede = insieme
- madona = suocera
- reume = reumatismi
- fora = fuori
- calzete = calzetti
- gucia = maglia
- compagnia = gruppo di persone
- compare = amico o testimone di nozze
- snapa = probabilmente errata scrittura di «sgnapa» (grappa)
Alcuni termini del ladino-auronzano riguardano lavori o attrezzi legati alle occupa- zioni che gli emigranti svolgevano prima della partenza per l'America. Esempi:
- zapin = piccola zappa stretta che termina con un uncino,
usata per trascinare i tronchi
- condota = trasporto
- cubia = coppia
- antena = tronco d'albero lungo circa quindici metri
- mandre = stalle di alta montagna
I termini, le espressioni e le frasi delle lettere sono state trascritte esattamente dall'originale.
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Sezion 1 • Articole Scientifiche
Al ladino-auronzano appartengono probabilmente anche espressioni come:
- voltada (di vento) = colpo (di vento), nel senso di poco, un attimo (esempio: «Basta na voltada de vento...»);
- «...ma sarà facile che volte bandiera» = «sarà facile che cambi situazione, oppure opinione» (da «volta bandiera»).
• Più frequenti delle espressioni o dei termini ladini originari sono quelli ladini "italianizzati". Ad esempio:
- siamo smontadi (da «smonta» = scendere)
- questo disbrigo (da «desbrighià» = sbrigare)
- stare con fastidio (da «sta cofastide» = stare in ansia)
- stautuno (da «stautono» = questo autunno)
- prediale (da «predial» = tassa sugli immobili)
- paioni (da «paion» = pagliericcio, materasso)
- vansare qualche soldo (da «vanzà» = avanzare)
- direzione (da «direzion» = indirizzo postale)
- le nostre povere femmine (da «f emene» = donne, mogli)
- mettono in libertà (da «bete de libertà» = licenziare)
- tardivanza (da «tardivo» = in ritardo)
- tardanza (da «tarde» = tardi)
- molino (da «molin» = mulino)
- arlevare (da «arlevà» = allevare)
- inzo (da «inze» = dentro)
- mestiere (da «mestier» = mestiere)
- non avesse da riscaldarsi troppo (da «riscaldo» = malessere generale dovuto ad una fatica eccessiva)
- trovare d'imprestito (da «npresto» = in prestito)
- o scorto quel poco di bestiame (da «scorde» = congedare, ma qui nel senso di «liberarsi di...»)
- barbara genia (da «giania» = gentaglia)
- io sono caminato (da «camignà» = andare via)
- siamo tramudai del lavoro (da «tramudià» = cambiare di posto)
- tu ai fato voltare il coverto
(da «voltà» = cambiare e «cuerto» = tetto)
- se tu voi lasiare comodare (da «comodà» = sistemare)
- o tacato (da «tacà» = iniziare)
- due per logo (da «luogo» = posto)
- re irati (da «ritrate» = fotografie)
Anche molte espressioni o termini «italianizzati» sono attinenti all'attività lavorativa, come:
- taglie o talie (da «taia» = tronco d'albero lungo circa quattro metri)
- colonei (da «colendel» = porzione di usufrutto spettante a cia- scuna famiglia sui beni regolieri)
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Sezion 1 • Articole Scientifiche
- il segno delle taglie (da «segna le tae» = contrassegnare i tronchi, operazione che veniva fatta con il «fer da segna»)
- fare le scorcie (da «scorza» = corteccia)
- imena roba (da «mena» = trasportare, portare).
• Alcuni termini ed espressioni usati nelle lettere sembrano derivare piuttosto dalla lingua veneta.
Ad esempio (fra parentesi è indicato il termine ladino-auronzano corrispondente):
- cavai («ciaval» = cavallo)
- piegore = pecore («feda», plurale «fede»)
- tote = assi di legno («brea», plurale «bree»)
- mejo = meglio («meo»)
- anca mi = anch'io («anche io»)
- fiassa = figlioccia («fioza», plurale «fioze»)
- santoli = padrini e madrine di battesimo e cresima («santol» o «sentol», plurale «sentui»)
- siamo quasi cavati di tutti gli impegni = ci siamo quasi liberati da tutti gli impegni («giavade», da «giavà» = togliere)
- stago = sto («steso», da «sta» = stare)
- go = ho («èi», da «ave» = avere)
- drio le nostre forze = secondo le nostre forze («davoi»)
- carigare = caricare («ciareà»)
- scorse = cortecce («scorze»).
• Nelle lettere numerosi termini sono usati nella forma italiana, nonostante esistano i corrispondenti ladino-auronzani, che si indicano tra parentesi:
- suocero («messier»)
- chiesa («sesia» o «cesa»)
- mezzanotte («medagnote»)
- sorella («sió», plurale «siós»;
a Villapiccola «sorela», plurale «sorele»)
- nipote («nevodo» per il maschile e «neza» per il femminile)
- zia («nene»)
- zio («barba»)
- padre («pare»)
- madre («mare»)
- parenti («parente»)
- marito («on»)
- padrone («paron»)
- famiglia («famea»)
- «fabro», probabilmente errata scrittura di fabbro («fauro»)
- «fero», probabilmente errata scrittura di ferro («fer»)
- figli («fioi», singolare «fiol»)
- fratello («fra», a Villapiccola «fradel», plurale «fradiei»)
- «fefre», probabilmente errata scrittura di febbre («fiora»)
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- settimana («stemana»)
- lavoro («laoro», plurale «laore»)
- marevillia («marvea»)
- muratori («muradore», singolare «murador»)
- cognato/cognati («cognou», plurale «cognade»)
- mese {«mes»)
- signore («sior»)
- primavera («aissuda»)
- sega («siega»)
- noialtri/voialtri («neautre»/«veantre»)
- pazienza («pazienzia»)
- notizia/notizie («g?wa»/«gnoe»)
- pioggia («pioa»)
- bambino («pizol» oppure «tosato»)
- Natale («Nadal»)
- «casificio», probabilmente errata scrittura di caseificio («caselo»)
- verità («veritià»)
- cielo («ziel»)
- ginocchio {«denoto»)
- «bereto», probabilmente errata scrittura di berretto («bareta»)
- denaro («schei», singolare «scheo»)
- intenzione («ntenzion»)
- fazzoletto da testa («fazoleto da don»)
- tempo cattivo («guergno»)
- «capi dei boschi», guardie boschive («guardie»)
- vitto («magna»)
- interessi («nteresse»)
- aria cattiva («aria trista»)
- niente («nuia»)
- stagione («stagion»)
- febbraio («febraro»)
- gennaio («genaro», un tempo anche «denei»)
- giugno («dugno»)
- mercoledì («mercui»)
- sabato («sabo»)
I verbi sono spesso usati nella forma italiana, anziché in quella corrispondente ladino- auronzana, che viene messa tra parentesi:
- somigliare («someà»)
- risparmiare («sparagnò»)
- stare in ansia («smaneà»)
- scortecciare («scorzà»)
- sconsigliare («sconsilià»)
- iniziare («scominzià» oppure «scomenzà»)
- cambiare («mudià»)
- faticare («sfadià», «schenasse»)
- perdonare («pardonà»)
Una cartolina del bastimento "Zaandam" con cui Annibale Zandegiacomo Bianco partì dal porto di Amsterdam per gli Stati Uniti, nel 1888
- ritardare («ntardivià»)
- insistere («pestulià»)
- riposare («paussà»)
- bramare («sai»)
- salutare («saludià»)
- ringraziare («rengrazià»)
- rispondere («responde»)
- approfittare («profitta»)
- falciare («seà»)
- spendere («spende»)
- penare, tribolare («tribolià»)
- cercare («zercà» oppure «dì n zerca»)
Anche molti avverbi, congiunzioni e aggettivi compaiono nella forma italiana anziché in quella ladino-auronzana, messa tra parentesi:
- circa («pressappoco» oppure «supodó»)
- sebbene («sebenché»)
- sicuro («seguro»)
- lontano («ndalonde»)
- soprattutto («soralduto»)
- ancora («ncora»)
- bene («polito»)
- piuttosto («pitiosto»)
- appena («pena»)
- pejo, cioè peggio («pedo»)
- tra/fra («ntrà»)
- invece («nvenze»)
- ieri («gnere»)
- neppure («gnanche»)
- prima («gitante»)
- oppure («opura»)
- per («por»)
- perché («porcè»)
- dappertutto («daporduto»)
- un po' («ntin»)
- proprio («propio»)
- «tropo», probabilmente errata scrittura di troppo («massa»).
• I nomi dei famigliari, degli amici o dei compaesani sono spesso abbreviati e seguiti dal soprannome personale o di famiglia oppure dal secondo cognome. Esempi:
«Lucia Orlando»
«Baluto di Gasperina o Baluto Gasparina»
«Bene» (diminutivo di Nascimbene)
«Checo Muligner»
«Toni de Marta»
«Angelo Mastele»
«Lorenzo de Ponuta»
«Tino de Nisio»
«Giuseppe Vitor»
«Tino Pasqual»
«Settimo de Lugan»
«Luigi monego»
«Tita mori»
«Lucano Orsolina»
«Lin Bonbasei»
«Luzio Tofolon»
«Polone de bacco»
«Checo de stella»
«Zuan della morte»
«Giuseppe Vichino»
«Cangio monti» («Cangio» è diminutivo di Arcangelo)
«Sace» «Cudicio»
«Nardo» (diminutivo di Leonardo)
Nelle lettere analizzate troviamo, inoltre, queste particolarità:
• i nomi propri di persona stranieri non sono scritti correttamente, ma così come ven- gono pronunciati e ciò perché gli emigranti non conoscevano la lingua anglo-america- na, specie nella forma scritta. Esempi:
«...ora siamo di una casa di Gemfest...».
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«...in questa confusione maich, si profilava del denaro...», «...pure Gen Buli e Gech ti Saluta...».
«...per il lavoro o già parlato per tuti due Con il Capo (Maich Camen)...». «Qui Gech e cali il Gobo e Gemi sempre di manda quando ritorni...».
• un unico termine inglese, e precisamente «boss», viene usato nella forma italianizzata e sta ad indicare il caposquadra alle cui dipendenze gli emigranti lavoravano. Esempi:
«...e fra i bosi e da una parte e laltra quando viene la paga rimane pochi...». «Il mio bosso e quello che ni portai i re trati...». «...io oh un buon boso...».
• i nomi delle località americane, nelle quali hanno lavorato i nostri emigranti, sono a volte scritti scorrettamente e ciò non ha reso sempre facile individuarle geografica- mente. Esempi (tra parentesi il nome corretto delle località non note):
Nev Iorch/Nev Iorh/Nevv Iorch/Nevv Iork Vaterbus/Vaterburs (Waterbury, Connecticut) Nort America/la merical America del Nort Penisilvania
JohnsenburgIJohnsomburgh (Johnsonburg Quaj, Pennsylvania) Levis Run/Levy Run (Lewis Run, Pennsylvania)
Alcune località (ad esempio «Niantic», «MitSmil», «ChenCar», «PainPlains») non sono state individuate nella cartina geografica degli Stati Uniti, forse perché scritte in modo errato o perché spesso si trattava di semplici gruppi di baracche, smantellate man mano che progrediva la colonizzazione del territorio.
Come già detto, i contenuti linguistici che sono stati proposti all'attenzione dei lettori vogliono mantenere soprattutto il carattere di una raccolta di dati con l'ag- giunta di qualche osservazione che non ha, tuttavia, alcuna pretesa di interpretazione per la quale sono richieste competenze certo più specifiche.
Dal punto di vista sia storico- sociale sia linguistico, ancora tutto da analizza- re, le lettere che sono state studiate rappresentano una testimonianza significativa che ha consentito di conoscere aspetti interessanti e forse poco conosciuti dell'emi- grazione auronzana di fine Ottocento ed anche di fare un'esperienza didattica im- portante, realizzando un laboratorio in cui gli alunni hanno potuto sperimentare il «mestiere dello storico».
Bibliografia
- Franzina Emilio, «Merical Merical», Cierre Edizioni,Verona 199 k;
- Zandegiacomo De Lugan Ida, «Dizionario del dialetto ladino diAuronzo di Cadore»,
- Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali 1988.
Un ringraziamento particolare a Cinzia Vecellio Mattia, dell'Istituto Ladin de la Dolomites, che ha fornito una collaborazione preziosa per la trascrizione delle espressioni e dei termini ladini secondo le regole della nuova grafia.