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12.
LA GUERRA
Terminava l'eclissi quando noi giungemmo presso Loo, dove si trovavano raccolti i partigiani d'Ignosi, i quali, dopo il fenomeno celeste, non avevano più alcun dubbio sul vero essere del nostro ex-servo e sulla nostra straordinaria potenza.
Il campo da loro scelto si trovava su di una collina rocciosa che aveva la forma d'un ferro da cavallo e che costituiva una vera fortezza naturale e contemporaneamente un osservatorio, dominando interamente la pianura.
Essendo tagliato a picco lungo i fianchi e difeso da rocce colossali, non era attaccabile che verso il centro e nella parte posteriore, ma i negri si erano affrettati a rizzare solide palizzate e dei terrapieni abbastanza ben fatti e robusti.
Noi avemmo la soddisfazione di constatare che i partigiani erano in grosso numero. Essendo Infadou il capo più popolare del regno, non aveva faticato troppo a raccogliere sotto le sue bandiere tutti i malcontenti e tutti i suoi numerosi amici.
Appena ci vide giungere, così trafelati per la lunga corsa, il vecchio capo si affretta a correrci incontro, chiedendoci cosa era accaduto nel kraal reale, avendo udito il colpo di fucile sparato dal signor Falcone.
— Una cosa semplicissima, — diss'io, — ma che tornerà molto utile alla ribellione. Abbiamo ucciso il principe ereditario con una palla nel cuore.
— Chi? Seragga!... — esclamò Infadou.
— Voleva uccidere uno de' miei compagni e lui lo ha prevenuto facendo fuoco col tubo fiammeggiante.
— E perché voleva ammazzare il tuo compagno?
— Perché volevamo impedire che si assassinasse la più valente danzatrice e la più bella fanciulla del regno.
— Ed il re, cosa ha fatto?
— È rimasto immobile per lo stupore, poi non sapemmo altro poiché approfittando delle tenebre e della confusione fuggimmo.
— Avete avuto un grande coraggio a uccidere Seragga — mi disse il vecchio capo. — Sono stupito di vedervi ancora vivi.
— Eh!... — diss'io. — Non ci saremmo di certo lasciati sgozzare come capre.
— La morte di Seragga favorirà i nostri disegni.
— Lo credi?
— Sì poichè il popolo avrà paura di voi e sapendo che voi appoggiate Ignosi, abbraccerà subito la nostra causa.
— Il re però non si arrenderà così facilmente.
— Oh no! — esclamò il capo — Touala è crudele ma valoroso, e lotterà fino a che avrà una sola goccia di sangue nelle vene.
— Sperate di trionfare?
— Sì perché tutti ormai si preparano a riconoscere Ignosi come il vero re di questo paese.
— Sono molti i vostri uomini?
— Sì e tutti d'un coraggio provato. I più valenti e più popolari capi hanno ormai abbracciata la causa di mio nipote. Venite: Ignosi si prepara a parlare ai nostri guerrieri.
Infatti il nostro ex-servo, salito su di una rupe che s'innalzava in mezzo al campo, aveva cominciato a parlare ai guerrieri ed ai capi che si erano affollati intorno a lui.
Con un linguaggio immaginoso, che non mancava d'una certa elevatezza, pronunciato con voce sonora, egli si sforzava di persuadere i koukouana che egli era il re legittimo; che sotto il suo regno la clemenza e la giustizia non sarebbero più state parole vane; che le crudeltà di Touala non si sarebbero più mai vedute e che tutto avrebbe messo in opera per formare la felicità del suo popolo.
La sua eloquenza veramente straordinaria per un negro, la sua aria di superiorità e soprattutto la nostra presenza che prometteva un valido appoggio al futuro re, ebbero un completo successo sulle orde dei guerrieri, colà radunate da Infadou.
Quando Ignosi terminò, dopo un breve silenzio, un grido immenso si levò fra tutti i presenti:
— Koum!...
Era il saluto sovrano che si faceva al futuro monarca.
Spezzati i ranghi cominciammo tosto i preparativi per la grande battaglia, essendo certi che Touala non ci avrebbe lasciati a lungo tranquilli.
Furono assegnati ai capi più valorosi i posti più difficili a difendersi; furono mandati nella sottostante pianura numerosi esploratori onde ci avvertissero per tempo dell'avvicinarsi dei nemici e furono messe dappertutto sentinelle fidate onde evitare una possibile sorpresa.
Quei diversi preparativi occuparono l'intera giornata; giunta la notte, ci fu offerta una capanna che era stata costruita in mezzo al campo.
Indovinate quale fu la nostra sorpresa e la gioia di Good nel ritrovare i nostri bagagli che avevamo affidati alla scorta d'Infadou, prima di metterci in viaggio pel kraal reale!... I famosi pantaloni, tanto rimpianti dal nostro amico, erano stati finalmente ritrovati!
Vi lascio supporre con quanta premura egli se li mise indosso, sicché le sue belle gambe furono per sempre tolte all'ammirazione dei koukouana. Infadou che ci teneva perché non le coprisse, temendo che il nostro amico perdesse una gran parte del suo prestigio, cercò di persuaderlo di levarseli, ma Good fu inesorabile, anzi strinse vieppiù la cintola.
Ci eravamo coricati da tre o quattro ore, quando fummo bruscamente svegliati dalle sentinelle.
Immaginandoci che le bande di Touala fossero uscite dal kraal, chiamammo uno dei capi che in quel momento passava dinanzi alla nostra capanna, chiedendogli il motivo di quell'allarme.
— Gli uomini bianchi si preparino a combattere — ci rispose.
— Si avvicina il nemico? — chiesi io.
— Sì, tre colonne sono uscite dal kraal reale e s'avvicinano alle nostre posizioni.
— Contano numerosi guerrieri?
— Tanti che occupano gran parte della pianura.
Io m'affrettai a vestirmi e ad afferrare il fucile, ma il genovese se la prese con più calma, essendosi fitto in capo d'indossare un bellissimo costume indigeno che gli aveva regalato Infadou.
Quel costume consisteva in una specie di casacca formata con una superba pelle di leopardo; in un diadema di bellissime penne di struzzo, distintivo dei grandi capi koukouana; in una cintura formata con code di bue bianco e in sandali assai villosi, di pelle di capra.
Oltre il fucile si era armato di una pesante scure ed una specie di mazza di ferro a punte acute. Quel costume assai pittoresco faceva doppiamente risaltare la bellezza fisica dell'italiano.
Good invece era addirittura grottesco colla maglia d'acciaio che gli copriva anche parte dei suoi famosi calzoni; con quel cappellaccio piumato, il suo occhialetto incastrato nell'orbita e con quegli stivali già assai malandati in causa delle lunghissime marce.
Quando ci trovammo all'aperto, vedemmo Ignosi ed Infadou, entrambi vestiti come il signor Falcone, occupati a radunare le loro bande per disporle sulla fronte della collina, dovendosi decidere colà la sanguinosa battaglia.
Il nemico, attraversata la pianura e giunto a cinquecento passi dalla collina, si distese in linea di battaglia, facendo scintillare ai primi raggi del sole una vera selva di lance; in mezzo a tutti quei battaglioni noi scorgemmo Touala vestito con una splendida maglia d'acciaio e con in capo una specie di elmo coperto di piume nere.
Ci accorgemmo subito che per numero di guerrieri noi non eravamo i più forti, ma confidammo nei nostri tubi fiammeggianti, armi che, se bene adoperate, non avrebbero mancato di spargere il terrore fra le linee nemiche.
Io lasciai che Good ed il genovese si mettessero in prima linea e mi ritrassi sulla cima di una roccia, dalla quale potevo dominare il campo della lotta, seguire tutte le fasi della battaglia e fare fuoco sui punti più minacciati.
Veramente non nutrivo alcun odio contro quei poveri diavoli di negri che il feroce monarca si preparava a rovesciare contro di noi, ma si trattava d'uccidere o di venire uccisi.
L'assalto che seguì fu spaventevole. Le orde nemiche, incoraggiate dalla voce tuonante del loro erculeo re, ci attaccarono con tanto impeto che le nostre prime linee furono d'un colpo solo travolte. Ignosi però, col signor Falcone e Good accorsero alla riscossa colle bande agguerrite d'Infadou, impegnando una lotta disperata.
La battaglia era diventata terribile. D'ambe le parti combattevano come leoni in furore, non volendo né gli uni né gli altri cedere il campo, ed i morti ed i feriti s'ammonticchiavano dovunque, insanguinando il pendìo della collina.
Io, vedendomi in procinto di venire circondato dai nemici, ero sceso dalla rupe e sparavo all'impazzata, per farmi largo. Ad un tratto un negro di statura gigantesca, un capo a giudicarlo dalle piume che gli ornavano la testa, si slanciò contro di me con tanta furia, che credetti fosse giunta la mia ultima ora.
Non mancandomi il tempo di evitarlo, mi gettai prontamente a terra ed il negro, trasportato dal suo impetuoso slancio e non trovando da colpirmi, mi passò addosso, cadendo dietro di me.
In un batter d'occhio mi ero alzato impugnando la mia pistola pronto a cacciargli una palla nel petto, quando un colpo di mazza avventatami sulla testa mi fece ricadere al suolo stordito.
Una improvvisa sensazione di fresco mi fece aprire gli occhi e vidi Good curvo ansiosamente su di me, con un vaso d'acqua in mano.
— Come va mio bravo? — mi chiese.
— Non c'è male, sono un po' stordito, ecco tutto — gli risposi. — E la battaglia?
— Va a meraviglia! Ci siamo rinforzati su tutte le linee.
Già ci felicitavamo del successo così pronto e così facile, quando Infadou che era stato avvertito del brutto caso toccatomi, ci raggiunse.
— Pel momento noi siamo vittoriosi, — mi disse, dopo essersi informato del mio stato, — ma non crediate che Touala non ritorni alla carica. Prima di decidersi ad uno sforzo supremo, aspetta di conoscere la condotta che noi terremo. Venite signori; delibereremo sul da farsi.
Ci dirigemmo verso l'estremità della collina dove era avvenuto lo scontro e vedemmo che le bande di Touala stavano riorganizzandosi nella pianura onde ritentare l'attacco, il quale doveva di certo essere il più sanguinoso.
Infadou, radunati attorno a sé i principali capi, disse volgendosi verso di noi e verso Ignosi:
— Signor bianchi, mio re, riflettete su quello che dobbiamo fare. Questa sera o al più tardi domani, le nostre vettovaglie saranno terminate e l'unica sorgente che si trova nel campo è appena sufficiente a dissetare i nostri soldati. Se noi non prendiamo vigorosamente l'offensiva corriamo il pericolo di vedere il nostro esercito stremato dalla fame e dalla sete e di vedere le bande di Touala, fortemente rinforzate da altre colonne di guerrieri freschi. Dinanzi a questi fatti, cosa avete da dire?
Ignosi si volse verso di me, dicendomi:
— Parli prima il grande cacciatore bianco.
Così invitato dovetti mio malgrado prendere la parola.
— Io non temo la guerra, — dissi, — anzi io l'ho in orrore. Nondimeno nelle circostanze in cui ci troviamo mi sembra che non sia prudente lasciar raffreddare l'entusiasmo dei nostri soldati.
«In questo momento, fieri del successo ottenuto e pieni di confidenza nella buona causa che servono, non si faranno pregare per gettarsi nuovamente nella mischia. Se aspettiamo domani avremo i nostri uomini sfiniti dalla fatica e dalla fame ed anche scoraggiati dai rinforzi che avrà certamente ricevuto Touala.
«Prima di lasciare ai nostri valorosi combattenti il tempo di pensare ed a Touala d'agire, scendiamo su Loo, assaltiamo disperatamente le truppe demoralizzate del re e voltiamole in fuga verso il kraal.»
Un profondo silenzio accolse il discorso guerresco di un uomo perfettamente pacifico.
Un istante dopo Ignosi, assorto fino allora nei suoi pensieri, alzò il capo dicendo:
— Il cacciatore bianco ha parlato bene ed ha riflettuto bene. Miei amici riorganizziamoci, attacchiamo a fondo il nemico e questa sera dormiremo nel kraal di Touala.
Dopo queste parole fu subito organizzato il piano d'attacco. Le bande d'Infadou, i gris, queste truppe vantate le più valorose fra tutte le orde dei koukouana, furono poste in prima fila sotto il comando del signor Falcone, avendo incarico di occupare la gola centrale della collina.
Esse dovevano sostenere il primo urto, mentre noi dovevamo scendere i lati dell'altura per prendere di fianco, ed a sinistra, le orde di Touala.
Gli ordini furono prontamente eseguiti. Le bande dei gris, fiere del posto loro assegnato, si schierarono arditamente in linea di battaglia senza un istante d'esitazione, pur sapendo di dover subire perdite crudeli.
I reggimenti dei negri delle tribù dei bufali furono posti sotto gli ordini miei e di Ignosi.
Infadou, che da vecchio capo conosceva quanta importanza avesse sul morale dei soldati una buona parola d'incoraggiamento, prima che quei guerrieri occupassero le posizioni loro assegnate li passò in rivista, promettendo a tutti onori ed avanzamenti e facendo risaltare il favore da me concesso di combattere alla loro testa.
— Capi, e soldati! — gridò allora Infadou. — Oltre all'uomo bianco combatte nelle vostre file anche il nostro re. Mostratevi prodi e degni di tanto onore.
Fra le bande di guerrieri, il solito grido immenso echeggiò:
— Koum!
Giammai imperatore romano, prima di far combattere i suoi gladiatori, aveva dovuto ricevere una simile acclamazione.
Ignosi rispose al saluto alzando la sua ascia di guerra, poi i reggimenti dei gris sfilarono dinanzi a lui su tre linee, ognuna delle quali si componeva di mille uomini.
I secondi reggimenti sfilarono al pari dei primi su tre colonne e si recarono ai loro posti di combattimento, senza manifestare la menoma apprensione per la morte che andavano ad affrontare, anzi manifestando un vero entusiasmo.
— Questi negri sono ammirabili — mi disse Good che mi stava accanto. — Noi faremo grandi cose con simili uomini.
— Ma anche quelli di Touala sono guerrieri che non hanno paura della morte — risposi io.
— Lo so ma hanno paura dei nostri tubi fiammeggianti. La nostra presenza vale mille uomini.
— Prima, ma non ora.
— E perché? — mi chiese stupito.
— Perché il nostro prestigio è un po' scemato.
— E come?
— In causa dei vostri calzoni.
— Ah! Burlone!
— Niente affatto, signore. Le vostre gambe nude esercitavano un fascino misterioso su questi negri ed ora sono dolenti che voi le abbiate coperte.
— Se si tratta di guadagnare la battaglia, me li levo subito — disse Good, ridendo.
— Oh per questo credo che bastino la vostra dentiera ed il vostro monocolo.
— Dite piuttosto i nostri fucili.
In quell'istante nella pianura udimmo alzarsi urla formidabili.
— La battaglia sta per cominciare — disse Good. — Accorriamo ai nostri posti.
Quando giungemmo sul margine della spianata, le orde dei gris erano già discese a metà collina e quella mossa ardita aveva prodotto una viva animazione nel campo di Touala.
I reggimenti nemici si riorganizzarono rapidamente e si misero in marcia per contrastare il passo ai nostri.
Giunti i gris allo sbocco del ferro di cavallo, invece di avventurarsi nella pianura si ammassarono nella stretta, attendendo l'attacco; non volevano caricare a corpo perduto finché gli altri reggimenti non si trovavano a posto.
Quando i soldati di Touala s'accorsero d'aver dinanzi i gris, che come dissi erano i più valenti guerrieri di tutto il paese e li videro schierati alla base della collina, s'arrestarono imbracciando gli scudi ed abbassando le lance.
Ben tosto un capo, riconoscibile per le penne di struzzo che gli ornavano la testa, si avanzò e diede alcuni comandi con voce tuonante.
Le bande di Touala si rimisero in marcia per attaccare i nostri gris, i quali rimanevano impassibili, senza curarsi delle frecce che cadevano addosso a loro in gran numero. Quando però, li videro a soli quaranta passi, i nostri bravi negri, ad un comando di Infadou e del genovese, abbassarono le lance e si stagliarono innanzi colla furia d'un uragano, mandando urla spaventevoli.
Udii un cozzo formidabile come se si fossero urtati due treni ferroviari lanciati a tutto vapore e vidi scintillare in aria le lance, per poi abbassarsi con fulminea rapidità ed immergersi nei petti nemici.
I gris, quantunque inferiori di numero, si erano impegnati in una lotta mortale.
La mischia era diventata sanguinosissima. Le due masse umane si urtavano con pari furore, cercando di sfondarsi. S'avanzavano, oscillavano, retrocedevano lasciando il terreno coperto di cadaveri, poi tornavano alla carica con crescente furore, percuotendosi colle lance, colle mazze e colle asce.
La lotta durò dieci minuti, poi i valorosi gris si slanciarono un'ultima volta all'assalto, passando addosso ai loro avversari, i quali, impotenti ormai a resistere, non tardarono a volgere in fuga precipitosa.
La vittoria era stata guadagnata, ma a quale prezzo! La terza parte dei gris giaceva sul campo, orrendamente mutilata e sanguinante.
Fui felice però nel constatare che il signor Falcone era uscito sano e salvo da quel macello. Infatti scorsi le sue piume ondeggiare al vento. Quella salvezza mi parve prodigiosa, dopo un simile scontro.
Mentre le bande dei nostri bravi si riorganizzavano per prendere l'offensiva, i nostri reggimenti s'affrettarono a scendere la collina per appoggiarli.
Ben presto un secondo corpo d'esercito di Touala si fece innanzi e si scagliò contro i gris. Questi lo lasciarono accostare fino a quaranta passi come avevano fatto prima, poi lo caricarono con lena disperata, impegnando una seconda battaglia non meno sanguinosa e non meno fortunata.
La banda di Touala, formata per lo più da giovani negri che si misuravano per la prima volta, non era in grado di tener testa all'attacco di quei veterani e dopo una breve lotta si ripiegò disordinatamente, non ostante le grida e le minacce dei capi.
Quella seconda pugna, contro forze tre volte più numerose era stato pure terribile pei gris. Il loro numero era ormai enormemente assottigliato, nondimeno essi si slanciarono animosamente dietro ai fuggiaschi e s'impossessarono d'una trincea formata da una triplice palizzata.
In quel momento vidi ancora ondeggiare le penne del signor Falcone e d'Infadou e respirai, avendo tremato per entrambi.
La battaglia non era ancora cessata. Touala disponeva di altri reggimenti i quali già si avanzavano, desiderosi di vendicare le due prime sconfitte.
La lotta ricominciò non meno cruenta, ma questa volta eravamo anche noi della partita e la presenza d'Ignosi era bastante per infondere ai nostri guerrieri un ardore ammirabile.
Impazienti di finirla e di giungere sotto le palizzate del kraal, ci affrettammo a scendere nella pianura per urtare le ali delle genti di Touala. Comprendevamo che si stava giuocando una partita suprema.
Quando Ignosi vide i gris assaliti furiosamente da tutte le parti e già in procinto di cedere in causa dell'enorme superiorità numerica degli avversari, alzò la sua ascia di guerra, gridando con voce tuonante:
— Avanti miei valorosi bufali!...
I guerrieri che portavano tale nome, perché le loro cinture erano formate di code di buoi selvaggi, gettarono il loro grido di guerra e si precipitarono come un solo uomo in aiuto dei gris.
Io non potrei descrivere la lotta che ne seguì. Mi parve che la terra tremasse, tale fu l'urto di quelle masse umane. Fra un cozzare furioso di armi ed un gridìo assordante, spaventevole, gli uomini cadevano a drappelli interi sotto i colpi di mazza e di lancia.
Io mi ero trovato, non so come, accanto al signor Falcone e combattevo come un disperato, facendo un fuoco infernale.
I miei colpi spesseggiavano, ma cosa potevano produrre in mezzo a tanta moltitudine?... Il baccano era tale che non si udivano nemmeno le detonazioni e ciò era un vero svantaggio, poiché io contavo più sullo scoppio che sulle palle per spaventare i nemici.
In mezzo a tanta confusione, Infadou conservava una calma ammirabile, come se si fosse trovato ad una semplice rivista in piazza d'armi, anziché in mezzo ad una mischia sanguinosa.
Impartiva gli ordini con voce tranquilla, incoraggiava ora gli uni ed ora gli altri e mandava soccorsi sui punti più minacciati.
Ad ogni carica io lo vedevo sempre nel più folto della mischia e presso di lui scorgevo il signor Falcone il quale si batteva con un coraggio da leone.
Le piume del genovese erano state strappate dai colpi di lancia; i suoi capelli neri, non più trattenuti dal diadema, svolazzavano.
La sua statura e la sua forza s'imponevano a tutti e nessun nemico osava resistere al formidabile campione bianco, il quale ne approfittava per spingere gli attacchi. Tutti lo temevano, certi di venire uccisi se avessero avuto l'ardire di affrontarlo.
Finalmente dopo un'ultima e sanguinosa carica, udimmo echeggiare a destra ed a sinistra delle grida assordanti. Le nostre ali venivano alla riscossa, prendendo ai fianchi i reggimenti di Touala.
Questi, che già si trovavano impegnati entro quella specie di ferro di cavallo formato dalla collina, non potendo fronteggiare quei nuovi avversari che piombavano addosso da tutte le parti, colpendoli all'impazzata colle lance e colle asce, titubarono, poi il panico li prese e cominciarono a sbandarsi.
— Avanti miei prodi!... — si udì a gridare Ignosi. — Un ultimo sforzo e avremo vinto!
All'appello del giovane re tutti ci scagliammo addosso ai reggimenti nemici, investendoli con impeto disperato.
I loro ranghi, già sconnessi, non ressero a quell'ultimo urto e cedettero dovunque dopo una breve ed inutile resistenza.
La battaglia terminava in un vero massacro. La pianura era tutta coperta di morti, di feriti e di fuggenti, ma quali perdite crudeli anche da parte nostra!
Dei valorosi gris, che avevano deciso le sorti della giornata, non erano rimasti in vita che novanta uomini di due grossi reggimenti.
— Soldati!... — gridò Infadou, quando vide le ultime bande di Touala scomparire sull'immensa pianura. — Voi siete degli eroi e si rammenterà a lungo il valore da voi dimostrato in questa gloriosa giornata!...
Poi volgendosi verso il signor Falcone, il quale era sfuggito miracolosamente a tanto massacro, gli disse:
— Tu sei grande!... Io aveva veduto dei bravi guerrieri, ma mai uno valoroso come te!...