< Le poesie religiose (1895)
Questo testo è stato riletto e controllato.
Nella foresta Ebe

AGÒNE






A me co’ lirici fiori Stesicoro
     Insegnò l’epiche ghirlande a intessere;
     Insegnò Empedocle a temprar l’animo
     4Entro alle vergini fonti dell’essere.

É tuo, sicelide musa, il vulcanio
     Licor, che l’arabe mie vene avvampa;
     É tuo, titanico monte, lo spirito,
     8Che contro agl’idoli igneo s’accampa.

Ma la difficile arte de’ facili
     Ritmi e l’ingenua melode e il vivo
     Gioco dell’agili rime, dall’ubere
     12Tuo seno, o italica musa, derivo.


Come gli alípedi cavalli inanima
     Già presso al termine l’esperto auriga,
     Ed erto il forvido flagel, dall’invida
     16Calca dilungasi, che gli diè briga;

Così, nell’ansia de la vittoria,
     Io questi aligeri miei carmi avvento,
     E innanzi al torbido vulgo degli emuli
     20Sol co’ più nobili resto al cimento.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.