< Le poesie religiose (1895)
Questo testo è stato riletto e controllato.
Dopo il temporale Ex umbra in solem

FELICITAS





In cima a un granitico scoglio,
     Cui batte l’eterna marea,
     Troneggia su nitido soglio
     4La bianca, impassibile dea.

Sul mare purpureo s’aggrava
     Il cielo qual volta di piombo;
     Da’ flutti bollenti qual lava
     8Perpetuo diffondesi un rombo.

Non l’orrida notte solenne
     Per astro novello si frange:
     Nell’ombra perenne, perenne
     12La voce dell’Essere piange.

E il mare con fremito alterno
     Di scherno ripete all’immane
     Scogliera: Io mi nutro in eterno
     16Di sangue e di lagrime umane.

E assiduo rompendosi il vento,
     Al nume rimugola in giro:
     Dei popoli io sono il lamento,
     20Dei secoli io sono il sospiro.

E tutto che palpita ed ama
     Nel ciel, nella terra, nell’onda,
     In suon lamentevole esclama,
     24Perduto nell’ombra profonda:
 
Ahi, sempre sul monte starai
     Col guardo su’ naufraghi, o diva?
     Nessuno, nessuno giammai
     28Baciare potrà la tua riva?

Se vano miraggio tu sei,
     Se vuoto fantasma di sogno,
     Perchè più del ver tu mi bèi?
     32Perchè più di tutto io ti agogno?
     
O Sfinge indomabile, o Idea
     Che tacita splendi lassù,
     O bianca, impassibile dea,
     36Non forse la Morte sei tu?

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.