< Le poesie religiose (1895)
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Per una medaglia di Gerone Sognatore

LAOCOONTE






I.


Perchè di Dio spregiò l’ira, e la troppa
     Fede irrise de’ ciechi armenti umani,
     Or qui l’audace con ululi vani
     4La sorte accusa, e in aspre pene intoppa.

Da’ piedi a’ fianchi, alle braccia, alla coppa
     Avvinghianlo i serpenti, ed ei con mani
     Adunche invan dal petto ansio gl’immani
     8De’ famelici mostri orbi disgroppa.

Silenziosa intanto alla ferrigna
     Aer sorge la notte; ode l’orrendo
     11Strazio la turba da lontano, e ghigna.

Ei solitario nell’immenso orrore,
     I profondi nell’ombre occhi figgendo,
     14L’alba invoca e la pace, e mai non muore.



II.



“Nè se inferrato a questa roccia in queste
     Spire sotto un’ignota ira mi fiacco,
     Mentre al suon delle mie voci moleste
     Fugge sbeffando il popolo vigliacco.

Nè se gli odj selvaggi e le tempeste
     Tutte scateni sul mio corpo stracco,
     O Natura, avverrà che le funeste
     Dimande io cessi rassegnato e fiacco.

Cadrò, d’un cieco nume ostia feroce
     Cadrò, ma sin nell’are tue più cupe
     T’incalzerà il mio sguardo e la mia voce.„

Così con destinato animo piange
     Per l’alta notte. Alla nettunia rupe
     Con fragor di cachinni il mar si frange.



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