< Le poesie religiose (1895)
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RENOVATIO





Fuggon dagli occhi miei, fuggon dall’anima
     Le illusíoni della nova età:
Fosca la vita mia sotto a ciel rigido,
     4Siccome rupe solitaria, sta.

Torbido intorno all’aspra rocca intricasi
     Fra canne e giunchi e fratte irte il pantan,
Su cui tra nubi di veleno gravide
     8Gitta la luna un bianco raggio invan;

Mentre per l’aure, che beffarde fischiano,
     Vogan, quali migranti anatre, a stuol
I dolci sogni miei, l’auree fantasime
     12E le speranze dall’aereo vol.

Or sì, or no, per le fredde ombre lanciano
     Un canto, un grido, ahi, non più quel che un dì
Mosse la mente giovinetta, e a’ fulgidi
     16Vaneggiamenti dell’amor l’aprì.

Eppur, se a te mi volga, o sia che un gelido
     Aere t’inceppi, o ti disciolga april,
Santa Natura, in te m’esalto, e all’anima
     20Un fremito mi passa alto e gentil.

Ecco, alla rupe derelitta un tenero
     Verde si avvolge; il rinnovato crin
Piovon su la tersa acqua i giunchi; reduci
     24Cantan gli augelli un lieto inno al mattin.

Son tuo, son tuo, madre infinita: i palpiti
     Dell’immensa tua vita io sento in me;
Sento che al foco della tua grande anima
     28Ardo, mi struggo e mi rinnovo in te.

Che val, se nelle morte ombre s’inseguano
     Le rosee larve che il pensier creò?
Se, guardiano della notte, l’odio
     32Ghigni alla fossa ove l’amor cavò?

Che val, se al lato mio figga il suo cuneo
     D’adamante la sorte? Io non son più.
Mio, da che balenar bello e terribile
     36Vidi il tuo volto, e mi dicesti: In su!

Del piccioletto mio dolor la fievole
     Voce spargere al vano aer che val,
Se, o terra, o vita, o gran Tutto, il tuo spasimo
     40Ulula per la vasta ombra feral?

Tu vivi, o eterna, o senza nome; affidasi
     All’onde tue l’impavido Pensier,
La vela a’ venti, il remo al pugno, il vigile
     44Sguardo alla paurosa alba del ver;

E voga, e canta: “Ebbro di te, su’ lividi
     Flutti balzo io tuo figlio e tuo signor,
E nelle fauci de’ tuoi mostri onnívori
     48Sola ricchezza mia gitto l’amor.

Mutansi i mostri al novo cibo, e levansi
     Quali raggianti arcangeli dal mar;
E fra le immensità cerule, simile
     52Ad igneo sole, la Giustizia appar.

Agita il legno mio, scatena gl’impeti
     De’ selvaggi e mortali odj su me:
Salve, o madre, dirò, fin che indomabile
     56Eroe dell’Ideai naufraghi in te!„


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