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IL PROLOGO.
I.
No, non è vero poeta
Chi abbia un’anima sola,
Che mutar senso o parola
4A se medesima vieta.
Quegli è poeta che cento
Ne chiude ed agita in petto,
E ognuna ha vario l’affetto,
8E ognuna ha proprio talento.
II.
Ho caro il verso minore
Che rechi in punta la rima,
Come lo stel sulla cima
12Reca lo sboccio del fiore.
Ho caro il picciolo verso
Che guizzi come saetta,
E sia, come lama schietta,
16Saldo, flessibile e terso.
III.
Se tu di ciò non ti pasci
Che sparve senza ritorno;
Se tu non muori ogni giorno,
20Ed ogni giorno non nasci;
Se il rivo, la rupe, il fiore,
L’aria che odora d’assenzio,
La nube, l’ombra, il silenzio,
24Non dicon nulla al tuo core;
Se ignori i fondi e le cime;
Se ignori il pianto od il riso;
Se porti maschera al viso; —
28Non leggere queste rime.
IV.
Leggere vuoi? Non cercare
Nel disadorno volume
Il superesteticume,
32Le preziosaggini rare.
I sensi astrusi e sconvolti,
Che per la gran meraviglia
Fanno inarcare le ciglia
36Alle bardasse, agli stolti.
Non vi cercare quell’arte
Che ornando svisa; non quella
Che fuca, minia ed orpella
40Di parolette le carte.
Non l’armonia frodolenta
Che sembra dire e non dice;
Nenia di vecchia nutrice
44Che vecchi bimbi addormenta.
Semplice, chiaro, preciso
È, pur nel verso, il mio dire:
Non so, non voglio mentire
48Nè la parola, nè il viso.
Siccome sgorga nell’ime
Convalli un’acqua natia,
Così dall’anima mia
52Sgorgarono queste rime.
V.
Se d’un mio querulo accento
Serbi il tuo core la traccia;
Se un mio pensiero ti faccia
56Restar sospeso un momento;
Se di te stesso talvolta,
Scorrendo i bianchi quaderni,
Alcuna imagine scerni
60Nel verso breve raccolta;
Se, mentre leggi, ti senti
Rigurgitare nel petto
L’onda d’un tenero affetto
64E dei ricordi frementi;
Dopo aver letto brev’ora,
Il picciol libro riponi:
Forse, nei giorni men buoni,
68Lo vorrai leggere ancora.