< Le rime di M. Francesco Petrarca
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Sonetto CCXVII Sonetto CCXIX

SONETTO CCXVIII.


F
Ar potess’io vendetta di colei

     Che guardando, e parlando mi distrugge,
     E per più doglia poi s’asconde, e fugge,
     4Celando gli occhi a me sì dolci, e rei;
Così gli afflitti, e stanchi spirti mei
     A poco a poco consumando sugge;
     E ’n sul cor, quasi fero leon, rugge
     8La notte allor quand’io posar devrei.
L’alma; cui Morte del suo albergo caccia;
     Da me si parte; e di tal nodo sciolta
     11Vassene pur’a lei che la minaccia.
Meravigliomi ben, s’alcuna volta
     Mentre le parla, e piange, e poi l’abbraccia,
     14Non rompe ’l sonno suo, s’ella l’ascolta.

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