< Le rime di M. Francesco Petrarca
Questo testo è incompleto.
Sonetto CCXXVI Sonetto CCXXVIII

SONETTO CCXXVII.


S
Ignor mio caro, ogni pensier mi tira

     Devoto a veder voi, cui sempre veggio:
     La mia fortuna (or che mi pò far peggio?)
     4Mi tene a freno, e mi travolge, e gira.
Poi quel dolce desio ch’Amor mi spira,
     Menami a morte, ch’i’ non me n’aveggio;
     E mentre i miei duo lumi indarno cheggio,
     8Dovunqu'io son, dì, e notte si sospira.
Carità di signore, amor di donna
     Son le catene, ove con molti affanni
     11Legato son, perch’io stesso mi strinsi.
Un lauro verde, una gentil Colomna,
     Quindici l’una, e l’altro diciott'anni
     14Portato ho in seno, e già mai non mi scinsi.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.