< Le rime di M. Francesco Petrarca
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Sonetto LXXIX Sonetto LXXXI

SONETTO LXXX.


L
Asso, ben so, che dolorose prede

     Di noi fa quella ch’a nullo huom perdona;
     E che rapidamente n’abbandona
     4Il mondo, e picciol tempo ne tien fede.
Veggio a molto languir poca mercede;
     E già l’ultimo dì nel cor mi tuona:
     Per tutto questo, Amor non mi sprigiona;
     8Che l’usato tributo a gli occhi chiede.
So, come i dì, come i momenti, e l’ore,
     Ne portan gli anni; e non ricevo 'nganno;
     11Ma forza assai maggior che d’arti maghe.
La voglia, e la ragion combattut'hanno
     Sette, e sette anni; e vincerà il migliore;
     14S’anime son quaggiù del ben presaghe.

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