< Le rime di M. Francesco Petrarca
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Sonetto XXXV
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SONETTO XXXV.
I
L figliuol di Latona avea già nove Volte guardato dal balcon sovrano,
Per quella ch’alcun tempo mosse in vano
4I suoi sospiri, et or gli altrui commove:
Poi, che cercando stanco non seppe, ove
S’albergasse, da presso, o di lontano;
Mostrossi a noi qual'uom per doglia insano.
8Che molto amata cosa non ritrove:
E così tristo standosi in disparte,
Tornar non vide il viso che laudato
11Sarà, s’io vivo in più di mille carte:
E pietà lui medesmo avea cangiato,
Sì, ch’ e begli occhi lagrimavan parte:
14Però l’aere ritenne il primo stato.
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