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NOTTURNO.
Ecco la cerula notte, la placida
notte d’estate!
Miti bisbigli, lucenti palpiti
di stelle, tepide fragranze, entrate!
Tutte ad accogliervi mi protendo avida
sul davanzale;
dolce sommergersi dentro la libera
marea degli esseri che scende e sale!
Pensose ascoltano l’ombre del memore
parco; le stanze
di sotto echeggiano aperte; cantano
sul vecchio cembalo vecchie romanze.
Ed ecco, svegliano le note un popolo
d’ombre; la mente
le vede in rapida fuga rincorrersi;
il cor la mistica voce ne sente.
Parole tornano che un dì si accolsero
con disattento
orecchio, e parvero scure; ora l’intimo
foco sprigionasi dal freddo accento.
Tornano supplici sorrisi e pallidi
volti scordati.
Un’onda tremula nel plenilunio
bianco, tra il placido sonno dei prati.
Spettrali, d’edera avvolte, sorgono
Certose, e strane
ombre di monaci, sfilanti tacite
ad un monotono suon di campane.
Torna d’un ultimo sguardo, d’un avido
sguardo d’addio,
tutta la perfida dolcezza (o palpiti,
o angoscie, o lagrime date all’oblìo!)
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nell’ombra folta,
narrando storie dolci e terribili.
Muta ed immobile la Notte ascolta.