< Lettere (Andreini)
Questo testo è completo.
CXXVII. Delle lodi di bella donna.
Lettera CXXVI Lettera CXXVIII

Delle lodi di bella donna.


S
I come la vostra amara partita fù dolorosa cagione della nostra morte, così ’l vostro dolce ritorno è giocondo mezo, per cui torniamo in vita. Ben dee rallegrarsi non sol ogni cuor amante del vostro felice ritorno (ò mio

spirito amato) ma tutta la Città ne dee far grandissima festa, poich’essendo priva di voi ell’era senza ornamento, e parea, ch’al Sol dispiacesse di rischiararla, non ci essendo quella donna, la cui bellezza è cagione, ch’egli raddoppia i suoi raggi, per meglio vederla. Andavano le stagioni diverse da loro stesse, il giorno pareva tenebrosa notte, la notte sembrava tormentoso inferno, e finalmente ogni cosa non vedendovi era piena di mestitia, e di pianto, sicome nel vedervi è colma d’allegrezza, e di riso. Hora si perde la memoria de’ sofferti martiri, hora si muta la noia in gioia, e la pena in piacere. Voi siete venuta à darci non solamente il sospirato contento: ma quasi quasi l’immortalità; & era ben giusto, & era ben necessario, che dopò tanti affanni, dopò una sì lunga, e lagrimosa solitudine, che poco men che à brutti ci rendea somiglianti, voi tornaste à render à gli spiriti nostri lo smarrito vigore, & alla Città la solita bellezza, & ecco, che voi benigna, e discreta havete restituito non ch’altro la Città alla Città istessa, poich’ella non ci essendo voi, era quasi divenuta un’orrido bosco. Ben havete riportato à questa già dolente Città il giorno. Ella insieme con noi non conosce altro giorno, che la vostra presenza, nè altra notte, che la vostra lontananza: ma sicome infinito è ’l bene, che da voi riceviamo, così bisognerebbe con infinito merito ricompensarlo. Io per me abborrendo accusa d’ingratitudine, son presto à darvi ciò, ch’è in me d’infinito. V’offero dunque, e dono (ò bellissima cagione de’ miei dolori) l’infinito amor mio, e gli infiniti miei prieghi, i quali riverenti, e supplicanti vi staranno intorno sin tanto, che per me impetrino, che non vi sia discara la mia servitù.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.