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mi giova, ch’io prometta, e giuri à me stesso, di lasciar infallibilmente questa ingrata, se non posso farlo? Ohime, che non sì tosto io lascio, vinto dallo sdegno di mirar quegli occhi, che son cagione del mio tormento, ch’io m’adiro, e rompendo le promesse, & i giuramenti, corro di nuovo à chi mi fà sospirare. Tal forza, e tal virtù hanno quegli occhi, che m’attraggono in guisa, ch’io son’astretto mal mio grado à mirargli, e benche in essi non vegga alcun’inditio di speranza, nondimeno son condannato ad amarli, e son certo, che amandoli, amo gli ucciditori della mia vita. Hor V. S. ha inteso, com’io mi viva. Sò, che le sarà discaro il mio essere, com’è stato discaro à me l’intender, ch’ella sia nello stato di prima. La vorrei più tosto sola nel bene, che compagna nel male. Le bacio le mani desiderandole quell’istesso contento, ch’ella desidera à me.