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LXXI. Del Desiderio.
Lettera LXX Lettera LXXII

Del Desiderio.


D
Iscacciate Signora mia dal vostro cuore quella ritrosità, che contr’Amore così fiera, e così ostinata vi rende, e non crediate, che una bella, e gratiosa Donna, possa in terra provar alcuna sorte di piacere, essendo d’Amor nemica. Non

giova ad un’Agricoltore l’haver un campo e bello, e fertile, quand’egli il lascia per dapocaggine incolto, e sterile divenire. Non giova similmente ad una donna l’esser bella, e gratiosa, quand’ella non sà coglier il frutto della sua gratia, e della sua bellezza. Colei, che non si prevale di così raro dono è simile ad un’avaro, che più tosto si lascia di necessità perire, che del suo tesoro valersi. Ricordatevi dolce Signora mia, che merita di languir eternamente, colui, che havendo un male, e da se stesso potendo aiutarsi, anzi vuol patir, che sanarsi. Io per me giudico la bellezza esser non dono, ma di natura tormento, quando chi la possiede ò non sà, ò non vuol valersene. Sgombrate dunque dal cuor vostro ogn’affetto contrario alle amorose, & honeste dolcezze, e contentatevi di be[a]r voi stessa beando me, che desidero i vostri abbracciamenti, honesto marito, e non lascivo amante.

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