< Lettere (Campanella)
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CI. Ad Urbano VIII
C. Al cardinale nipote Francesco Barberini CII. Al cardinale nipote Francesco Barberini

CI

Ad Urbano VIII

Avendo confutato un empio libello contrario alla fede ed all’unitá della chiesa quanto pernicioso alla politica del regno di Francia e di tutta la cristianitá, ne trae che sono necessari i suoi scritti la cui diffusione è ostacolata da implacabili persecutori; tocca dell’opera che con profitto svolge quotidianamente contro gli atei ed i calvinisti; supplica non gli si ritardi la solita grazia, perché le guerre rendono «scarse e ritrose» le pensioni regie.

Santissimo Padre,

Sempre mi cresce piú la voglia di servir a Vostra Beatitudine, e mi terrei felice finir questa poca vita in servizio di Vostra Beatitudine e di santa Chiesa. L’ho conosciuto questi giorni, quando un empio stampò una esortatoria al re che facesse come Salomone con Adonias ed Abiathar, cioè uccidesse il fratello dopo il perdono e privasse Vostra Beatitudine del papato facendo un antipapa. Io scrissi contra; ed a tutti parlai quanto questo era contrario alla fede catolica, all’unitá della chiesa e pernicioso alla politica del regno e di tutta cristianitá. Il nuncio si passò egreggiamente ed ottenne sia bruciato il libello per man di boia. Io potrei dir molte cose a Vostra Beatitudine; ma credo che Vostra Beatitudine penetra di lontano il tutto. Né accade che li mandi il mio scritto, perché la sostanza sta nel libro De monarchia Messiae, stampato in Iesi. Adesso si vede quanto era bisogno quel libro, e Vostra Beatitudine lascia che sotto finti zeli politici stia dai miei emoli occultato; e questi fecero ch’io non possa stampare i suoi poemi.

Io pur mandai a Vostra Beatitudine i libri che stampai, tanto necessari contra gli ateisti e calvinisti di qui, quanto può veder dall’epistola dedicatoria al re. E ’l frutto che fanno, presto lo vedrá meglio. Il marchese d’Asserach aspettava consolazione, come giá lo scrive all’ambasciator ordinario e non che sia improverato al vostro servo che sia l’abiura finta da me. Presto farò veder a Vostra Santitá cose piú grandi e come il signor Cardinal Barberino è ingannato a creder di me sempre il contrario.

Io ho fatto che uno scrittore degli annali di Francia lasciasse di mettere opinioni perniciose che tenea contra il papato: ed ogni settimana determino, in presenza di molti, contra gli eretici ed ateisti una o due proposizioni facendole accettare per forza di argomenti, benché di Roma venga scritto a questi padri che mi facessero mal officio ed occultassero le buone opere che fo; e tutti conventi son posti in iscompiglio con la persecuzion di chi non è della partita, come l’eminentissimo cardinale Antonio credo sia informato. Supplico a Vostra Beatitudine che mi benedica e ch’ordini mi sia data la solita grazia, che ricevevo per man di monsignor Mazarini, qua, da chi piacerá a Vostra Beatitudine; perché le guerre fanno scarse e ritrose le pensioni del re, e ’l vostro servo patisce assai. Ho avvisato altre cose importanti a Vostra Beatitudine, ma non so se le son venute in mano.

Resto sempre al comando e cenno di Vostra Beatitudine, baciandoli li santi piedi, e pregando Dio per la sua salute e vita lunga a beneficio del popolo di Dio.

Quanto sono ingannati o ingannatori quelli che dicono qui che Vostra Beatitudine è contraria a Francia e non padre comune, io sovente lo mostrai, ed altri credo lo sa, e dalli scritti ch’ho dato a’ padroni di qua.

 Parigi, 3 giugno 1636.

Fra Tomaso Campanella,
servo minimo cordialissimo e svisceratissimo,
fidelissimo eternamente.


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