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LXII
A Galileo
Si duole di nuovo ch’egli solo scarsamente riceva i favori di lui.
Signor Galileo veramente illustre, ch’illustri il secolo non volgarmente, mi doglio ch’io solo scarsamente ricevo i vostri favori. Quanto aspettai, quanto desiai, quanto insinuai a Vostra Signoria fin da principio che trattasse questo suo sistema in dialogo e che mi facesse parte delle sue osservazioni, ed ancora non sono arrivato dopo ch’in Roma le han tenute in mano persone di minor affetto, non voglio dir, e giudicio. Ed ora sono stampate, ed io lo sapevo da filosofi francesi che me l’hanno scritto; e Vostra Signoria non si degna avvisarmi né mandarmi un essemplare. Parlai con l’eccellentissimo ambasciator Nicolini, e dice che ne verrá uno a lui, e promette etc.: non vedo etc. Io sono quel che piú stimo le sue cose e che le giudico con giudicio piú puro d’ogni passione. Contentisi che sia contento, e si ricordi ch’il mio scritto solo è stampato in sua difesa e non quei d’altri etc.
Resto al suo comando con ringraziar Dio che sia vivo Vostra Signoria ed io, e che nelle turbolenze del secolo ci è qualche chiaro per noi. A Dio, anima carissima.
Roma, 1 maggio 1632.
Fra Tomaso Campanella |
Mi piaceria ch’avesse stampato l’epistola prima che li mandai di questa materia.
All’eccellentissimo signor Galileo Galilei,
filosofo e matematico dell’Altezza di Toscana,
Fiorenza.