Questo testo è completo. |
◄ | LXXVII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc | LXXIX. Al conte Francesco e al vescovo di Saint-Flour Carlo di Noailles | ► |
LXXVIII
A Cassiano dei. Pozzo
Ragguaglio de’ primi mesi del suo esilio.
Come proemio sa Vostra Signoria illustrissima che per fuggir le persecuzioni e tradimenti orditi in Roma ed in Napoli son venuto al re cristianissimo, dove trovai tanta umanitá, ingenuitá, valore, abondanza, sicurtá, riposo, che ben intendo che Domenedio ha voluto consolar la mia vecchiezza. Non dico che non ci sia qualche vizio da temere e guardarsi, ma respettive etc. La Maestá Cristianissima m’ha usato tal modo di favori in presenza di tanti principi ch’ognuno s’è stupito, e dissero che mai a nissun principe secolare o ecclesiastico ha fatto tanto onore: il tutto scrivo all’Eccellenza di Novaglia mio liberatore, da cui potrá saperlo minutamente, e le stanze che mi fûr date e li donativi e la pension annua del re. Lo scrivo a Vostra Signoria illustrissima ch’è mio padrone; ma perché nel secol aureo scrive Virgilio che
Pauca tamen suberunt priscae vestigia fraudis etc.,
sappia che fin qua scrissero da Roma contra me, ma quanto li satelliti dell’achitofellista m’han fatto contra, risultò in loro danno e biasmo etc. Laus Deo.
Quando fui in Aix, dopo la gran memoria fatta di Sua Beatitudine e de l’eminentissimo Barberino con testimonianze vere in casa di monsignor de Peresc — degnissimo di perpetue laudi e d’ornar la romana purpura, se li padroni volesser pensar un punto etc., — si ragionò di Vostra Signoria con molto onore; e qui trovai un foglio stampato della mia Medicina, e ciò fu a 30 quasi d’ottobre. Poi venuto in Lugduno, trovai ch’erano stampati quattro libri. E perché stavo in abito strano ed incognito, vidi e non dissi altro se non che Campanella vorrebbe questo libro piú acconcio. Poscia al 1° di decembre gionsi in Parigi; e sono stato venti giorni senza uscire di casa dell’illustrissimo monsignor di Sanfloro, persona di incomparabile bontá, religiositá, officiositá, caritá non finta, di poche parole e di molti fatti, a cui dovevo me stesso rispetto a suo fratello mio liberatore, ma adesso mi ha raddoppiato l’obligo questo signore. Scrissi a monsignor nunzio Bolognetti; e quando fui sano e rivestito, quasi a 20 di decembre, l’andai a visitare e sottoposi me e tutte cose mie all’obedienza sua, come nunzio di Nostro Signore. Mi fece accoglienze, e m’impose ch’io non stampassi qualche libro senza lui. Io dissi quel ch’era vero, che avevo da Aix scritto a Nostro Signore che mi dia per giudice il Cardinal di Risceliú e la Sorbona, e cosí scrissi poi all’eminentissimo Barberino; e che non farò mai cosa senza lor gusto, per obligo religioso e per la gran beneficienza di Sua Beatitudine verso di me.
Adesso è uscita fuori la Medicina , e ’l nunzio si lagna di me, come s’io l’avessi gabbato e fatta stampare; cercò d’impedire il privilegio: e ’l guardasigilli lo donò senza ch’ io dicessi una parola, perché questo negozio è del signor Gaffarello che portò il libro da Venezia, e Nostro Signore e ’l Santo Officio sa ch’ io donai tutti libri miei a Scioppio, a Tobia [Adami], a don Virginio Cesarini ed a tutto il mondo. Ora mi scrive Favilla, delli 20 decembre, che Vostra Signoria li fece vedere li quattro libri di detta Medicina ; onde si vede ch’è venuta a Vostra Signoria in novembre, avanti ch’io fossi in Parigi, non che parlato col nunzio. Però supplico a Vostra Signoria lo dica al signor Cardinal padrone, perché sappia ch’ io son puntuale come sempre, e che non farò cosa in suo disgusto per la vita. Se scrivesse il nunzio etc.; ma ci ha poco guadagnato, perché questi signori l’hanno per spagnolo e mi dicon che lui disse ch’io dirò nel libro mal di spagnuoli, ed io né scrivendo né parlando dico mal di questa gente: son venuto per quiete, non per litigi etc. Aspetto la licenza del signor cardinale, e li scritti fatti sopra i poemi di Nostro Signore per memoria delli benefici e clemenza di Sua Beatitudine, la cui grazia mi fu tanto invidiata che ricorsero a Spagna ed al murmur d’astrologizare insieme per appiattarmi, ed adesso mi privâro d’Italia: e tutto questo fe’ una superba invidia di duoi. Dio li perdoni ed apra gli occhi a quelli signori verso lo vero. Resto al suo comando desideroso di servirla e prego Dio etc. Amen.
Parigi, 14 marzo 1635.
Di V. S. illustrissima |
All’ illustrissimo signor Cassiano del Pozzo,
cavalier e filosofo, padrone osservandissimo,
Roma, appresso l’eminentissimo Barberino.