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XCVIII. Ad Urbano VIII
XCVII. A monsignor Francesco Ingoli XCIX. A Luigi XIII

XCVIII

Ad Urbano VIII

Vuole che Sua Beatitudine apra gli occhi sopra di lui ed i suoi avversari, perchè egli accresce il lustro di casa Barberini e della chiesa, quando può superare gli ostacoli frapposti dal generale Ridolfi che per suoi agenti semina discordie e diffidenze dovunque.

Santissimo Padre,

Operando con lo spirito di Vostra Beatitudine ho convertito alla fede catolica romana il marchese d’Asserach, persona di spirito nobilissimo, scendente dal fratel di Massimo imperatore, che scacciati gli armorici donò a’ britanni quella parte di Francia, ove egli è marchese, e tien anche una isola in mare; ed è ferventissimo verso la sede apostolica, avendo letto i miei libri, particolarmente De monarchia Messiae. Mandò la sua abiurazione. Vostra Beatitudine mi favorisca darmi facultá di poter riconciliar eretici ed assolver da tutti casi concernenti alla loro conversione. Tengo negli ami di san Pietro pesci assai grossi, e spero mandarli a Vostra Beatitudine; ed averei fatto gran cose se gli ugonotti non sfuggissero la disputa con me. Né si trova di lor chi non resti convinto dal vostro servo.

M’ha impedito assai anche la pessima relazione ch’ha dato il padre generale contra me al re e dal Cardinal Duca per mezzo del padre Carrèo, strumento di sue frodi ch’ha posto tutti conventi di Gallia in tumulti, tanto che li perdon l’obedienza per ordine del Cardinale e del parlamento, ed io non mi confido rimediare, perché e sia per grazia di Dio ho chiarito tutte le calunnie e lui è tenuto per quel ch’è, ed il vostro servo per vero figlio di san Domenico. Ho tirato gran parte di dottori col libro della Monarchia ed in parte i padroni, come vedrá dalle proteste che li saran fatte, quando verrá il marchese di Covre. E di piú, il parlamento avea fatto decreti contra i contradicenti ad Aristotile e cosí la Sorbona, ed il vostro servo ha stampato un libro approbato dalla Sorbona e dal guardasigilli con privilegio regio, De gentili sino praesertim peripatetico non retinendo.

Veda Vostra Beatitudine da ciò in che esistimazione sta il vostro fedel servo. Vorrei mi sentisse quando parlo di lei, e pur miri alla zizania ch’ha cercato il padre Rodolfi metter tra casa Barberina e ’l Cardinal Duca e la Sorbona, quali io presi per giudici delle cose mie. E pur ha contaminato i nunci, ché io non stampassi i libri approbati in Roma. Talché non sol la Sorbona e ’l Cardinale trattò da ignoranti o d’eretici, ma anche Roma, colle sue passioni cervicose, ostinate; ed i libri miei fan frutto in ogni parte, quelli degli emoli scandalo e disprezzo della santa sede e della chiesa romana: né mi confido obviare; e Vostra Beatitudine non apre gli occhi sopra me e sopra loro.

Il reverendissimo Mazarini si parte. Supplico Vostra Beatitudine proveda al servo suo per altro mezzo chi non sia contaminato dallo spagnolismo del padre generale. Io so ch’ha tentato tutti: non voglio dire se l’ha espugnati: solo di me li dico che tutto il mondo non può mutarmi l’affetto e gli effetti chi devo a Vostra Beatitudine, e che se l’invidia non avesse insusurrato tante menzogne e scrupoli falsi all’orecchie dell’eminentissimo Barberino, io averei giá stampato i suoi poemi, e testificato al mondo quel ch’io e tutto il cristianesmo devemo a Vostra Beatitudine. Io sto all’obedienza. Li ministri convertiti giubilano quando li narro che papa avemo, e come Vostra Beatitudine ha ricevuto le scritture loro. Lo spirito di Vostra Santitá è sempre nel mio core, li bacio li santi piedi e li prego dall’Altissimo vita lunga e colmo di felicitá. Amen.

 Parigi, 29 gennaio 1636.

Di V. B. servo eterno, fedele, verace,
devotissimo, umilissimo
Fra Tomaso Campanella.


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