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CXXII. — A Giacomo Leschassier.1
Quanto adesso mi accade, eccellentissimo Signore, che pel medesimo corriere mi sieno giunte due lettere della S.V., credo che sia seguíto ancora costì. Io risposi a tutte le sue: se non le ricevè la mattina innanzi alle sue scritte il 23 dicembre, credo che le saranno pervenute poco dopo.
Ebbi i due fascicoli delle Lettere d’Ivone:2 ora l’ho tutto quanto, e glie ne dico grazie infinite. Quelle cose ch’ella mi avvisava trovarsi presso l’Haymon3 intorno la donazione fatta alla Chiesa, mi furono sopra tutto gradite; e di ciò io le aveva già scritto, ringraziandola. Ora tiro giù queste poche parole, premendomi la partenza del corriere, non pure per ringraziarla dell’Ivone, ma per significarle cosa che stimo doverle essere accettissima; vale a dire, che l’illustrissimo console veneto residente a Ierapoli nella Siria (ora quella chiamasi Aleppo), mi scrive di avere osservato la declinazione della calamita colla maggiore esattezza in quella città verso mezzo giorno; e di aver trovato che la cuspide settentrionale declina non ad Oriente, come presso noi, ma ad Occidente, e ciò per gradi quasi 7½; la qual cosa è contraria a ciò che segue tra noi, e porta differenza del doppio. Se si detragga la longitudine veneta, ch’è 34, dalla Ierapolitana, ch’è 71, sarà l’interstizio 37; la cui metà è 18½: e se vogliasi aggiungere questa alla longitudine minore, o sottrarla dalla maggiore, l’interstizio sarà 52½, della longitudine prossima al Capo di Buona Speranza e all’estrema Giapponia. Laonde Guglielmo Gilbert pensò, non assurdamente, che la punta sia attratta da quella sì gran mole di terra che là sovrasta, e che in quel meridiano si volge direttamente al polo. Si guardi bene dal credere che l’osservatore abbia potuto errare. Egli è un uomo accuratissimo, e intervenne a tutte le osservazioni che già facemmo in diversi, talune anche in grazia di lui, e con aghi a punta di rame appoggiati nell’acqua, e sì lunghi come corti; coi quali metodi fu proceduto ancora in Ierapoli. Io ne trattai con un Greco che stava per partire verso la sua patria, affinchè osservi in Napoli del Pelopponeso cotesta differenza della longitudine e della declinazione magnetica: che se nessuna ve ne sarà, come credo, sarà di per sè certa la cosa. Questo volli scriverle, e penso non le sarà discaro. Prego il Cielo che la mantenga in salute.
- Di Venezia, li 3 febbraio 1610.
P.S. Sento che un certo prete è stato condannato costì a morte, e che la sentenza fu eseguita senza la degradazione, negando il vescovo di voler a questa procedere. Amerei di conoscere il nome del prete, le colpe obiettategli, il magistrato che diè la sentenza e il tempo della esecuzione. La prego di perdonare la mia curiosità e di soddisfarla. Di nuovo la riverisco.
- ↑ Stampata come sopra, pag. 70.
- ↑ Le Lettere di Sant’Ivone, vescovo di Chartres, erano state in quell’anno ristampate a Parigi, per opera del padre Fronteau.
- ↑ Questo discepolo del celebre Rabano Mauro, aveva scritto un Compendio di storia ecclesiastica.