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CLXXXV. — Al medesimo
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CLXXXV. — A Filippo Duplessis Mornay.1


Per il corriero che partì oggi 15 giorni, scrissi a V.S., inviando le lettere secondo il solito. Con quello ch’è ultimamente venuto di Francia, non sono venute lettere da lei: il che le dico solo per avviso, non intendendo però ch’Ella mai prenda incomodo per scrivermi.

Quello che in Italia passa di maggior momento, è il negozio di Sassello,2 il quale però io predirei che non fosse per causar novità alcuna: se non fosse che avendo veduto tutti i gran principii rimaner senza effetto, vado stimando possibile che qualche grand’effetto nasca da leggiera causa; e sì come il verisimile non si è effettuato, così possa effettuarsi il non verisimile. Mandarono i Genovesi a far doglianza col contestabile, governatore di Milano, per la suddetta causa; dal quale non ebbero buona risposta. Di che andata la nuova a Genova, vi concitò grandissima sollevazione popolare, nella quale portò molto pericolo la casa dell’ambasciatore spagnuolo Vives; e sarebbe il pericolo passato a qualche danno, se quella Signoria non gli avesse mandato guardia.3 E anco alcuni di quelli che sono interessati con Spagna, parlarono liberamente di voler preporre la libertà alli rispetti privati. Quella Signoria ha dato ordine di levar 3000 Svizzeri e 3000 Corsi; dicono alcuni per difendersi dal forestiero, altri per prevenire le sedizioni interne. Questo secondo è più verisimile, perchè conducendo Svizzeri non protestanti, avranno Spagnuoli.

Non so se debba dire che il matrimonio di Savoia s’intorbidi o no. È andato a Torino un segretario dell’ambasciatore Vives, per dissuaderlo; per che fare, ha parlato in maniera, che non è parsa al duca di Nemours onorevole per sè: per il che un francese, luogotenente suo, è andato in casa del segretario armato e ben accompagnato, e l’ha mentito e minacciatolo nella vita, se non revocherà le cose dette. Il segretario s’è lamentato col duca, che sia violata la ragione delle genti, e ha ricercato dichiarazione della sicurtà della persona sua. Il duca ha offerto di farli dare soddisfazione; ma non s’accordano, volendo l’uno ricever molto e l’altro dar poco. Non manca chi crede, e con buone verisimilitudini, che Savoia abbia fatto fare.

Delle cose dell’Assemblea non ho ancora contezza; sebbene qui si dicono cose assai, ma tutte a favore de’ papisti. La cosa con il papa è messa in silenzio. Del negozio dell’inquisitore, che gli scrissi, non ha detto niente. Novamente il Nunzio ha richiesto di torturare l’abbate4 di cui V.S. sa, quando Ella era qui, e che fu dato al re, e per quel mezzo al papa, perchè il giudicio dura ancora; ed è stato negato.

Le nuove che abbiamo di Germania sono molto considerabili; e se succederà che l’imperatore parta di Boemia, e che pigli al suo servizio quelli che tratta d’avere, è necessario che si esca dalle parole. In questo paese5 veggo le cose molte confuse, e stimo quasi impossibile di poterle rimediare, stante il torbido cervello del duca di Savoia, al quale non mancano giri e raggiri per liberarsi dalle sue proposte; oltre che la fede in lui è arbitraria e di poco fondamento, benchè in effetto sia gran cattolico e buon cristiano quanto bisogna.

Io non sarò più lungo per mancamento di materia, ma ben resterò sempre con desiderio di aver il medesimo loco nella grazia di V.S.; alla quale con ogni affetto bacio la mano.

Di Venezia, li 11 ottobre 1611.



  1. Edita come sopra, pag. 403.
  2. Vedi la nostra nota a pag. 232.
  3. Si vedano gli storici Genovesi e il Botta, Contin. del Guicciard., lib. XVI.
  4. L’abate di Narvesa, conte Brandolino, il quale co’ suoi delitti, che la Repubblica voleva punire, era già stato la prima cagione della controversia con Roma e dell’Interdetto; e che, nell’accomodamento che fecesi, venne donato, insieme col canonico Saraceno, al re di Francia, come in ricompensa della mediazione, per la quale l’Interdetto fu tolto.
  5. Abbiamo aggiunto la parola: paese.


Note

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