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CCXXI. — Al signor De l’Isle Groslot
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CCXXI. — Al signor De l’Isle Groslot.1


L’ultima mia fu delli 25 settembre. Il corriere che portò quella di V.S. delli 18 settembre, doveva giungere qui alli 6 ottobre, e per i mali tempi giunse solo alli 11 e partì il medesimo giorno, senza che io lo sapessi. Il che fu causa che per quello spaccio non scrivessi. Mi portò quel corriere la sua delli 11, col libro dei Concilii pisani; e l’altra delli 14. con la Pietà2 di Barclay; e la terza delli 18. Alle prime non è bisogno d’altra risposta, che della ricevuta: a questa terza risponderò prima a passo a passo, per dirle dopo in fine le cose di qua. La causa perchè Ella non ha ricevuto la mia delli 11 settembre, credo essere stata perchè Barbarigo la mandò per l’ordinario di Torino, acciò passasse in Francia con quel di Roma. Spero che a suo tempo l’avrà ricevuta.

Le dirò, in una sola parola, che, siccome sento piacere della riunione, così temo che non sia seminata qualche altra materia di discordia, perchè gli altri sono troppo buoni maestri, e i mondani secondo l’evangelio sono più avveduti. Nè bisogna far dubbio che Roma, Spagna e Gesuiti mettano tutto il sapere e tutti gli artifici contro i Riformati, conoscendo bene che mai avranno tanta opportunità, atteso l’aiuto efficace della regina e di Villeroy, i quali dovendo presto mancare, consigliano l’accelerazione. Questa è una mala cosa che si possino valere delli propri, poichè dal fatto di Coudray bisogna credere che molti ne siano.

La negoziazione di Buglione con il re della Gran Brettagna mostra molta prudenza e bontà di quel re, e io ci presuppongo anco costanza. Ritrovo sempre più sensata e fondata l’operetta di quel Leidressero. L’autore è uno spirito così atto al pubblico servizio, che se impiegherà il suo sapere in altro, farà torto a sè stesso. I Concilii di Pisa sono ben pubblicati, sebbene l’Italia in questi tempi non li potrà vedere, attese le proibizioni di Roma. Il libro di Barclay ha una bella e degna prefazione, la quale piacesse a Dio che fosse considerata da chi governa Stati! Il discorso contro l’Epistola di Casaubono se non ha autore Fronton,3 ha un altro gesuita, attesa la petulanza e sfacciatezza che non può alloggiare in altre persone. Quanto alla materia di lega con gli Stati, ben pensate tutte le cose, sono di parere che non sia da mettere in trattazione se prima non è introdotto ambasciatore ordinario qui e ivi.

Tra la Repubblica e il papa non può esser peggio di quello ch’è, dal canto di esso papa; natura la più maligna e più atroce che fosse mai, la quale se non fosse raffrenata da pusillanimità e timore di perdere i piaceri, farebbe qualche gran male: ma dal canto della Repubblica, non si conosce che quello di che si vede effetto.

Quanto all’universale, dico quello che altri qui tra noi vede e prevede. La città di Mulheim mostra dovere esser causa che la tregua si rompa, ovvero che gli Spagnuoli perdino tutta la Fiandra. Ma se la guerra si rinnoverà, considerando che gli Spagnuoli non sono stati bastanti avendo per loro colonia gli stati di Cleves, mostra che all’avvenire debbino poter manco che per lo passato; se però, quando si verrà ai fatti, non si trovi qualche discordia seminata tra gli Stati, la quale li renda impotenti e deboli: di che dubito grandemente, e prego Dio che non sia. Sono restato tutto pieno di ammirazione di quello che V.S. mi scrive, essere scacciati gli Spagnuoli da tutte le Molucche,4 perchè di ciò non abbiamo nessuno avviso, e io desidererei molto di esserne ben certificato. Le cose che vanno succedendo alla giornata sopra il fatto di Richer, sarebbe una vittoria di molto gran momento, la quale siccome desidero, così non ardisco sperare. Ma ben prego V.S. avvisarmi di tutto quello che succederà.

A quello che V.S. mi dimanda, la morte del doge Donato, che sia in gloria, non ha fatto nissuna novità in questo governo, per la perfezione degli ordini che ha nel maneggiare le cose interiori; ai quali se fossero uguali quelli che toccano l’esterno, sarebbe il miglior governo del mondo.5 Grande è la perdita della Repubblica nell’essere privata d’un tal soggetto, come d’un prudente e savio senatore; ma come di Principe, non è assolutamente niente. Questa è buona e debole persona. In cose di Roma non parlerà, perchè ha figlio prete.6 Credo di aver detto a V.S. tutto quello che occorreva in risposta.

Di qua non vi è alcuna cosa di nuovo, se non che dalla Gazzetta da Roma viene scritto che Desdiguieres sia stato posto prigione nella Bastiglia. Il che le scrivo, sebbene so esser falso (certo è che egli è in Delfinato), ma acciò sappia che avvisi mandano intorno. Avvisano parimente nella medesima Gazzetta, che monsieur di Rohan si trovi armato con ottomila persone per voler far novità, e che si dia titolo di principe di Bearne. Avvisano appresso, che sia giunto a Roma alcun brevetto di coteste maestà, con concessione di pensione a diversi prelati. Quest’ultima credo che sia vera; le altre le scrivo solo per avviso.

L’ambasciatore degli Stati in Turchia ha proposto a quel principe di far guerra a Roma, promettendo aiuto di navi. È stato ascoltato, e se a tempo fosse reiterato, potrebbe effettuarsi. Dispiace qui, temendosi il Turco in Italia. Tra le Repubblica e l’arciduca è mezza guerra,7 a segno che l’ambasciatore di Spagna ha mezzo protestato, ma ricevuto risposta generosa. Sarebbe di conseguenza, se l’arciduca avesse...8

Dopo avere scritto sin qui, ho ricevuto quella di V.S. delli 2 del presente, nella quale avvisandomi aver ricevuto le mie delli 28 agosto e 11 settembre, non le resta altro da ricevere se non quella delli 25, la quale credo a suo tempo avrà ricevuto. Ma V.S. mi nomina una delli 25 del passato, e m’avrebbe messo gran suspizione che fosse perduta, se non aggiungesse che con quella era inviata una scrittura francese contro il signor Casaubono, la quale è venuta insieme con l’ultima sua delli 18.

La scrittura che mi manda insieme con questa delli 2, non posso ben giudicarla, non avendola veduta se non superficialmente; ma ho ben preconcetto un poco di pensiero, che non sia pari a quella del Leidressier. Sento dispiacere che abbia mancato la risoluzione a quel ch’era a favore di Richer. Intendendo la indisposizione di V.S., prego Dio che sia senza febbre; che essendo così, riuscirà una diversione della colica.

Prego parimente la Maestà sua divina, che il negozio dell’assemblea di Saintonge abbia quell’indirizzo e quell’esito che sia a gloria sua e quiete del regno. Mi dispiace che la scrittura francese contro Casaubono non porti il nome dell’autore, essendovi, a fol. 39, nella seconda faccia, una dottrina degna della fede dei Gesuiti, la quale se san Pietro avesse saputo, poteva inventar modo di negare Nostro Signore senza peccato. Chi darà occasione a quegli uomini di scrivere, li farà come la scimmia quando monta in alto.

Il signor Gussoni mi scrive lodandosi molto per le istruzioni che riceve dalli avvisi di V.S. La prego continuare, perchè quello ch’è in Francia mai scrive cosa che sia a favore de’ Riformati. E qui facendo fine, prego Dio nostro Signore d’aver presto avviso che V.S. abbia ricuperato la sua intiera sanità, e che i negozi che maneggia abbiano prospero successo.

Di Venezia, il dì 23 ottobre 1612.



  1. Dalla raccolta di Ginevra, pag. 505.
  2. Vedi la nota sopra citata, a pag. 275, tom. I.
  3. Vedi la nota 2, pag. 327, tom. I.
  4. Sino dal 1607, gl’indigeni di quelle isole, profittando delle discordie già state pel loro possesso tra Portoghesi e Spagnuoli, e degli aiuti lor dati dagli Olandesi, cominciato avevano ad asserire ed attuare anche in parte la loro indipendenza.
  5. Gli studiosi della storia e della politica italiana non potranno non far caso di questa tanto esplicita sentenza, e di giudice sì competente, com’era il nostro Consultore.
  6. Si noti da chiunque cerca o desidera la indipendenza degli Stati.
  7. Sempre per cagione degli Uscocchi.
  8. Lacuna della prima stampa.


Note

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