Questo testo è completo. |
◄ | Lettere (Serra) | I | ► |
AVVERTIMENTO.
Argomento di queste pagine sono le lettere nell’Italia di oggi; e oggi per noi che scriviamo è la fine del 1913. Si parlerà dunque delle cose che si sono stampate e che si vanno leggendo tuttavia, e della gente che ne scrive, in questo scorcio di tempo, che riassume, press’a poco, gli ultimi anni della produzione letteraria.
Sotto questo titolo si comprendono comunemente molte pagine e cose diverse, di cui sarebbe difficile dare esattamente il catalogo; ma tutte sono considerate, direttamente o indirettamente, secondo quel punto di vista e con quel valore, che si dice letterario, con distinzione da tutti gli altri che possono aver luogo in una cosa che si legge. Non tutti saprebbero definire il concetto, ma tutti adoperano la parola con una intenzione precisa, che basterà per noi. Soltanto, poichè pare che ci siano certe cose, che sono fin dal principio e specialmente letteratura, poniamo un romanzo o un libro di versi, e altre, che possono esser considerate come letteratura, ma non sono però necessariamente, anzi sono altro per diritto, poniamo un libro di storia (e di filosofia e magari di medicina: tutto può avere un interesse letterario) o un’opera di teatro, restringeremo questo volumetto nei limiti della letteratura strettamente intesa. Le notizie accessorie intorno ai movimenti e all’operosità, che può avere pure un riflesso letterario, o nel valore o nella curiosità, hanno posto in un altro volume.
Questo poi non è un repertorio nominativo dei letterati italiani, con cenno biografico e bibliografico: e non è neanche un capitolo di storia a di critica letteraria.
È una cronaca; in cui si rende conto dei libri c dei loro scrittori, dal punto di vista del pubblico che legge e secondo la più comune impressione.
Ciò non consente personalità di analisi o di idee. In compenso, ci troveremo sopra un terreno sicuro; almeno per oggi.
S’intende che codesta impressione sarà notata nei suoi elementi più sommari e più netti, rendendo alle parole e ai giudizi il loro valore schietto, che va perduto nella conversazione; dove si dice, per esempio, un eccellente scrittore, volendo significare un asino che ci diverte, o un nobile artista, di quell’altro che non ci ha fatto niente di male. Scrivendo, conviene rettificare.
Infine, è noto che l’impressione del pubblico è spregiudicata, nella sua schiettezza, ed fatta di curiosità, di inesattezze apparenti, ed anche di ombre e di contrasti e di malignità, che nessuno dice ad alta voce, ma che tutti sentono e raccolgono.
Naturalmente la nostra cronaca non poteva seguitare tutti gli umori e i capricci della stagione: ma doveva tenerne conto. Anche certe ingiustizie sono un colore del tempo e un elemento di fatto, a cui non si può pretendere di sostituire una giustizia superiore. Almeno io. Così mi accadeva di mettere da parte, non dico le mie opinioni, ma i miei gusti e le mie antipatie; occupandomi di cose che altrimenti non avrei curato, e affrettando notizie o lasciando cadere addirittura nomi, a cui io porto affezione e stima.
Dovevo guardare, quanto potevo, la realtà. Che alla fine è sempre più giusta.
r. s. |