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A Firenze
San Matteo, 18 marzo 1627 [1628]
Amatissimo Signor Padre.
Perché non saprei indovinare che cosa potessi mandargli che gli gustassi, ho pensato che forse gli sarà più grato qualche cosa per presentare alla signora Barbera e altre che la governano, alle quali ancor io (per amor di V. S.) mi confesso molto obbligata. Per questo adunque gli mando queste poche paste, acciò le godine per amor nostro in questi giorni di digiuno; e se V. S. ne mandasse a chieder qualche cosa che gli fossi di gusto, non potrebbe farne maggior grazia di questa, che pur desideriamo d’esser buone in qualche minima cosa per lei.
Ieri mi cavai un dente che mi dava grandissimo travaglio, sì che adesso per grazia del Signore resto libera dai dolori che per due mesi m’hanno tormentata, ancorché resto ancora con la testa non troppo sana. Spero però, con progresso di qualche poco tempo, di dover restarne libera, se piacerà a Dio, il quale io prego che a V. S. conceda perfetta sanità; e per fine a lei, a Vincenzio, e alla zia e a tutti di casa mi raccomando insieme con Suor Arcangela.
figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.