< Lettere al padre < 1633
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Lettera 103
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A Siena

San Matteo, 6 agosto 1633

Amatissimo Signor Padre.

Il signor Geri fu ieri mattina a parlamento meco per conto del negozio della casetta; e, per quanto potetti comprendere, egli non ha altra pretensione che l’utile e benefizio di Vincenzio, il quale sarebbe assai coll’occasione di questa compra, potendo bonificare e accrescere la casa grande, che pur gli pare angusta, niente niente che Vincenzio cresca in famiglia; tanto più che dice esservi una stanza sopra la cisterna che non si può abitare per essere malsana: e al quesito ch’io gli feci se aveva pensiero d’abitarvi insieme con Vincenzio, mi rispose che, quando egli avesse voluto starvi, non poteva, e ch’è di necessità ch’egli ne pigli una più comoda e vicina al Palazzo, perché, tanto per lui quanto per quelli che tutto il giorno vanno a trovarlo, questa su la Costa è troppo disadatta e fuor di mano. Stando saldo su questo punto, concludo che il signor Geri avrebbe desiderato che V. S. avessi interamente comprato la casetta, la quale non passerà i 300 scudi in modo alcuno, per quanto egli dice: gli replicai che non mi pareva né possibile, né dovere che V. S. fossi aggravato di tanto, essendo verisimile ch’ella si trovi scarsa di danari, avendo avuto occasione di fare spese più che ordinarie, e gli soggiunsi che si poteva proporre e pregar V. S. a concorrere alla metà della spesa, caso che si trovi in comodo, e giacché dice anco che si sforzerà a dar loro ogni possibile sodisfazione, e che l’altra metà dei denari avrebbe potuto il medesimo signor Geri accomodare a Vincenzio, finché egli abbia comodità di renderglieli; al che il signor Geri condiscese con molta prontezza e cortesia, dicendomi che, sebbene nel tempo che V. S. è stata fuora ha accomodati altri danari a Vincenzio, nondimeno avrebbe preso ogni scomodo, prestandogli anche questi 150 scudi, purché questa buona occasione non gli fuggissi dalle mani. Questo è quello che si concluse che si dovesse proporre a V. S. come fo di presente: a Lei sta lo eleggere, poiché molto meglio di me può saper quanto si possa distendere; solamente aggiugnerò che l’essermi convenuto interessarmi in questo negozio, non mi è stato di poca mortificazione, prima perché non vorrei in minima cosa disturbar la sua quiete da lei raccomandatami; il che temo che non segua, giacché mi par ch’Ella non inclini troppo a questa spesa. Dall’altra banda l’escluder affatto il signor Geri che domanda a V. S. per un suo figliuolo, e che dimostra tanto affetto a lei e a tutta la casa nostra, non mi par cosa lodevole. Di grazia V. S., col darmi risposta quanto prima, mi liberi da questa sollevazione d’animo; e anco potrà avvisarmi che effetto abbiano fatto le pillole, e se vorrà che io gliene mandi, dell’altre di queste medesime, non potendosi ancora mettere in opera l’aloé che ho preparato per formarne di nuove.

Suor Giulia gli ritorna le salutazioni, e sta con desiderio aspettando, non il fiasco del vino bianco che V. S. li promette, ma ben lei medesima; e il signor Rondinelli fa l’istesso, al quale non lascio di partecipare le lettere che V. S. mi scrive, quando mi par di poterlo fare; e qui a Lei mi raccomando, e dal Signor Iddio prego felicità.

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

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