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A Siena
San Matteo, 1 ottobre 1633
Amatissimo Signor Padre.
Dovevo veramente subito dopo il ritorno di Giuseppe, che seguì ieri fece otto giorni a un’ora di notte, darne ragguaglio a V. S., non parendo verisimile che in tutti questi giorni io non abbia potuto rubar tanto tempo che bastasse a scriver quattro versi. Eppure è così la verità, perché, oltre alle occupazioni del mio offizio, che di presente son molte, Suor Luisa ha travagliato così fieramente con il suo solito mal di stomaco, che né per lei né per le assistenti ci è stato mai requie il giorno e la notte. E a me in particolare si conviene per debito il servirla senza intermissione alcuna. Adesso che per il suo miglioramento respiro alquanto, dò sodisfazione anco a V. S. dicendoli che Geppo e suo padre tornorno qui sani e salvi insieme con la muletta, la quale veramente ricevé torto nell’essere menata in così lungo viaggio; e io mi assicurai colla sicurtà che mi fecero quelli che più di me la praticano. Basta, ella sta bene.
Ebbi gusto grandissimo nel sentir la nuova che mi portò il ragazzo del buon essere di V. S., dicendomi ch’ella aveva miglior cera che quando si partì di qua; il che io credo facilmente, perché giudico che le comodità, le cortesie e delizie che ha godute, prima in casa del signor Ambasciatore in Roma, e di presente gode costì da quell’illustrissimo monsignor Arcivescovo, siano state potenti a mitigar quasi del tutto l’amarezza di quei disgusti che ha passati, e per conseguenza non ne abbia sentito nocumento alcuno. E ora in particolare come mai potrà V. S. non benedir questa carcere, e stimar felicissima questa ritenzione? mediante la quale se gli porge occasione di goder tanto frequentemente e con tanta familiarità la conversazione di Prelato tanto insigne e signore tanto benigno? Il quale, non contento di esercitar nella persona di V. S. tutti quelli ossequi che si possono desiderar maggiori, per far un eccesso di cortesia e gentilezza, si è compiaciuto di favorir anco noi poverelle con affettuose parole e amorevolissime dimostrazioni, per le quali non dubito che V. S. gli abbia rese per nostra parte le dovute grazie: onde non replico altro, se non che avrei desiderio che V. S., facendole umilissima riverenza in nome nostro, l’assicuri che con l’orazioni procuriamo di renderci grate a tante grazie.
Quanto al suo ritorno, se seguirà conforme alla sua speranza e al nostro desiderio, non seguirà se non in breve. Intanto li dico che le botti per il vino rosso sono accomodate, e quella in particolare ove stette il vino guasto è bisognato disfarla e ripulirla molto bene: per il vino bianco il S[igno]r Rondinelli ne ha vedute 3 che sono bonissime, una fra l’altre ve n’è, ove l’anno passato vi era il greco del quale se ne sono cavati non so se 4 o 5 fiaschi assai forti per quanto intendo; ed ancora ne resta al fondo acciò la botte non resti in secco; e dice il S[igno]r Rondinelli che basta dar a tutte una lavata avanti che vi si metta il vino, che nel resto sono eccellentissime.
La madre Badessa la ringrazia infinitamente del zafferano e io degli altri regali, cioè lino, lepre e pan di Spagna, il quale è veramente cosa esquisita. Consegnai a Geppo la corona e i calcetti per la sua cugina.
Il signor Giovanni Ronconi, il quale vien qui molto spesso per visitare cinque ammalate che aviamo tenute un pezzo e tutte con la febbre, mi disse l’altro giorno che non credeva ch’io avessi mai fatte a V. S. sue raccomandazioni, e io gli risposi che pur le avevo fatte, e così ho in fantasia che sia stato almeno una volta. È ben vero che sono stata balorda in non rendergliele mai da parte di V. S., onde la prego a farmi grazia di supplire a questo mio mancamento, a scrivergli due versi e mandarmeli, ché potrò io inviarglieli, giacché ho ogni giorno occasione di tenerlo ragguagliato di queste ammalate, e certo ch’egli non ci è mai stato una volta che non m’abbia domandato di V. S. e mostrato gran passione de’ suoi travagli.
Avrei voluto poter indovinare il bisogno di V. S. quanto ai danari, per averglieli potuti mandare; credo però che a quest’ora gli saranno pervenuti quelli che gli manda il signor Alessandro per quanto ho compreso da una lettera che V. S. gli scrive, e egli mi ha mandata in cambio di quella che anco a me si perveniva a questa settimana, che forse V. S. non mi ha mandata per vendicarsi che non ho scritto a lei; ma ha sentito la causa: ed ora gli dico addio e do la buona notte, della quale è appunto passata la metà.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.