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A Siena
San Matteo, 7 novembre 1633
Amatissimo Signor Padre.
Guccio oste, qua nostro vicino, viene in coteste bande per suoi negozi, e io con quest’occasione scrivo a V. S. questi pochi versi, dicendole che se nell’ultima ch’io gli scrissi, mi lodavo della fortuna che mi fece trovar gli ortolani, i quali allora mi pareva d’aver in pugno; adesso me ne lamento perché non volse che fossero il numero ch’io desideravo, siccome a questa ora V. S. averà veduto ed anche inteso dal signor Geri: la causa fu perché tra quelli che aveva il Berna non ne furono dei buoni altro che quelli di quegli 11 ; e poi che Geppo aveva fatto l’errore di pigliar questi pochi, dopo aver io fatto cercare degli altri qui in paese e in Firenze, mi risolvei a mandarli, inanimita dal guardaroba qui del Poggio Imperiale, il quale disse che erano gran presenti di questo tempo che non se ne trovano; basta: V. S. accetterà se non altro la mia buona volontà.
Messer Ippolito mandò per li 4 scudi, e glie li mandai subito.
Il vino di San Miniato non comparisce. L’orto non si può ancora lavorare, perché è troppo molle. Il ragazzo è andato oggi a rivedere il Ninci.
Suor Luisa sta meglio, ma non bene affatto; saluta caramente V. S., e il simile fanno Suor Arcangela, Madonna, Suor Cammilla e il suo babbo, il quale è un pezzo che non s’è lasciato vedere mediante il cattivo tempo, ma scrive spesso. Nostro Signore la conservi.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.