< Lettere al padre < 1633
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Lettera 77
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A Roma

San Matteo, 26 febbraio 1632 [1633]

Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.

La sua lettera scritta alli 10 febbraio mi fu resa alli 22 del medesimo, e in questo tempo credo sicuramente che V. S. averà ricevuta un’altra mia insieme con una del nostro padre confessore, per le quali averà inteso qualche particolare circa a quello che desiderava; e vedendo io che ancora non compariscono lettere che ne diano avviso dell’arrivo suo in Roma (le quali può V. S. giudicar con quanto desiderio da me in particolare siano aspettate), torno a scriverle, sì perché Ella sappia con quanto ansietà io viva, mentre le sto aspettando, e anco per mandarle la inclusa polizza, la quale da un giovane fu, 4 o 5 giorni sono, portata qui a casa di V. S. e pigliata dal signor Francesco Rondinelli, ed egli dandomela mi consigliò a dar sodisfazione, senza aspettar qualche peggior affronto dal creditore, dicendomi non potersi trasgredire in alcuna maniera a questo comandamento, e offrendosi egli medesimo a trattar questo negozio. Io stamattina gli ho consegnati li 6 scudi, quali non vuole altrimenti pagare a Vincenzio ma depositarli là in magistrato fino che da V. S. verrà avvisato quel tanto che si deva fare. È invero il signor Francesco persona molto grata e discreta, e non finisce mai di esagerare l’obbligo che tiene a V. S. per questa abilità che ha della sua casa. Dalla Piera intendo che egli usa a lei e a Giuseppe molta amorevolezza pur di cose mangiative; ed io nel resto supplisco ai loro bisogni conforme all’ordine di V. S. Il ragazzo mi dice che questa Pasqua averà bisogno di scarpe e calze, le quali feci disegno di farle di filaticcio grosse ovvero di stame. Dalla Piera intendo che V. S. più volte ha detto che vuol far venire una balla di lino, onde per questo mi sono ritirata dal comprarne qualche poco, e fargli principiare una tela di panno grosso per la cucina, siccome avevo disegnato di fare, e non lo farò se da V. S. non mi verrà ordinato altro.

Le viti dell’orto s’accomoderanno adesso che la luna è a proposito, per mano del padre di Giuseppe, il quale intendo ch’é sufficiente, e anco il signor Rondinelli vi assisterà. La lattuga intendo ch’è assai bella, e ho commesso a Giuseppe che ne porti a vendere avanti che sia guasta da altri. Di 70 melangole che si venderono se n’ebbe 4 lire, pago assai ragionevole, per quanto intendo, essendo un frutto di poca utilità: le melarancie si venderono 14 crazie il 100 e furono 200.

Di quella botte di vino che V. S. lasciò manomessa, il signor Rondinelli ne piglia ogni sera un poco per sé, ed intanto fa anche benefizio al vino, il quale intendo che si mantiene bonissimo. Quel poco del vecchio l’ho fatto cavar ne’ fiaschi, e detto alla Piera che se lo bevino quando avranno finita la loro botticella, già che noi fino a qui, avendolo avuto dal convento assai ragionevole, ed essendo sane, n’abbiamo tolto poco.

Continuo a dar il giulio ogni sabato alla Brigida, e veramente che stimo questa un’elemosina molto ben data, essendo ella oltremodo bisognosa e molto buona figliuola.

Suor Luisa, la Dio grazia, sta alquanto meglio, e si va ancora trattenendo in purga, e avendo per l’ultima lettera di V. S. compreso quanto pensiero ella si piglia del suo male per l’affetto che gli porta, la ringrazia infinitamente; e già che V. S. si dichiara unita meco nell’amarla, Ella all’incontro pretende di star al paragone, né d’un punto vuol cedergli, poiché l’affetto suo procede dall’istessa causa, che sono io; onde mi glorio e pregio di questa così graziosa contesa, e più chiaramente scorgo la grandezza dell’amore che ambedue mi portano, perché è così soprabbondante che arriva a scambievolmente dilatarsi fra quelle due persone da me sopr’ogni altra cosa mortale amate e riverite.

Domani saranno 13 giorni che morì la nostra Suor Virginia Canigiani, la quale stava assai grave quando scrissi ultimamente a V. S., e in questo tempo s’è ammalata di febbre maligna Suor Maria Grazia del Pace, ch’è la più antica di quelle tre monache che suonano l’organo, e maestra delle Squarcialupi, monaca veramente pacifica e buona; ed essendo stata fatta spacciata dal medico, siamo tutte sottosopra, dolendoci grandemente questa perdita. Questo è quanto per adesso m’occorre dirgli, e subito che averò sue lettere (che pur dovrebbero a quest’ora esser a Pisa ove si ritrovano i signori Bocchineri) scriverò di nuovo. Intanto di tutto cuore a lei mi raccomando insieme con le solite, e nominatamente Suor Arcangela, il signor Rondinelli e il signor medico Ronconi, il quale ogni volta che vien qua mi fa grand’istanza d’aver nuove di lei. Il Signore Iddio la conservi e feliciti sempre.

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

In questo punto essendo tornato da Firenze il signor Rondinelli, mi ha detto aver parlato al Cancelliere dei Cons.i e avere inteso essere necessario pagare gli scudi 6 a Vincenzio Landucci e non altrimenti depositarli, e tanto si eseguirà; se bene io mi ci sono resa alquanto difficilmente, per non aver avuto commissione alcuna da V. S. di questo particolare.

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