< Lettere al padre < 1633
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Lettera 99
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A Siena

San Matteo, 23 luglio 1633

Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.

Il signor Geri non mi ha per ancora potuto mandar la lettera che V. S. gli ha scritto, essendogli bisognato lasciarla al Granduca: mi promette bene di procurar ch’io l’abbia quanto prima.

Intanto io resto molto sodisfatta con questa che V. S. scrive a me, per la quale comprendo ch’Ella sta bene di sanità, e con ogni comodità e sodisfazione, e ne ringrazio Dio, dal quale (come altre volte gli ho detto) riconosco la sua sanità per grazia speciale.

Ier mattina mi feci portar un poco di saggio del vino delle sue botti, delle quali una è bonissima, l’altra ha cattivo colore, e anco il sapore non mi sodisfa, parendomi che voglia guastarsi. Stasera lo farò sentir al signor Rondinelli, che, conforme al solito degli altri sabati, dovrà venirsene alla villa; ed egli meglio saprà conoscere se sia cattivo per la sanità, che quanto al gusto non sarebbe dispiacevole, ed io ne darò parte a V. S. acciò ordini quello che se ne deva fare, caso che non sia buono. Quel bianco ch’è nei fiaschi è forte e farà un aceto esquisito, eccetto che quello della fiasca, che, per aver solamente un poco il fuoco, ce lo andiamo bevendo avanti che egli peggiori: il difetto non è stato della Piera, perché gli ha spesso riguardati e visto che si mantenevano pieni. Dei capperi se ne sono acconci una buona quantità, cioè tutti quelli che sono stati nell’orto, perché la Piera mi dice che a V. S. gli gustano assai.

Son parecchi giorni che in casa non è più farina; ma perché a questi gran caldi non si può far quantità di pane, che indurisce subito e muffa, e per il poco non torna il conto a scaldare il forno, fo che il ragazzo lo compri qui alla bottega.

Con quest’altra li darò più minuto ragguaglio delle spese fatte alla giornata, perché adesso non me ne basta l’animo, sentendomi (conforme al mio solito in questa stagione) con un’estrema debolezza, tanto che non ho forza di muover la penna, per così dire. La saluto caramente per parte di tutte queste madri, alle quali pare ogn’ora mill’anni, per il desiderio che hanno, di rivederla, e prego il Signore che la conservi.

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

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