< Lettere di Winckelmann
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A r t i c o l o   XIV.


Torniamo colla pace a ripigliare la gazzetta antiquaria1. Vi diedi parte della villeggiatura mia a Ostia col sig. card. Spinelli Decano del sacro collegio. Ivi scoprii in una vigna un basso rilievo rotto in due pezzi, e mezzo rinterrato, lungo nove palmi, alto cinque e mezzo, e di un palmo di grossezza. Quello rappresenta un soggetto unico, cioè il riconoscimento della nascita di Teseo in otto figure2. Non occorre esporvi la favola, basterà accennarla. Il padre dell’eroe, di passaggio a Trezene, ingravidò Etra figliuola di quel re; ma dovendo egli tornare ad Atene condusse Etra ad un sasso, sotto cui nascose le scarpe sue insieme con la spada, con ordine, che se essa partorisse un figlio, giunto che forse all’età di discernere, se gli facesse alzare quel sasso, e si mandasse col deposito in Atene, mentre in virtù di quelli contrasegni l’avrebbe riconosciuto per suo figliuolo3. Ne feci subito un disegno, e lo mandai a Roma all’emo mio padrone, per cui l’ottenni poi in regalo dal sig. card. Decano con un altro basso rilievo, che rappresenta un trionfo. Teseo dunque ivi espresso in figura eroica alza il sasso, vi sta appresso la madre sua, e le altre figure sono d’invenzione per arricchire la composizione. Per poco stette, che la mia curiosità non mi costasse la vita. Inoltrandomi scalzo in una grotta piena d’acqua per considerarne la costruzione, e trovando l’acqua arrivarmi al ginocchio, tornai al di fuori spogliandomi affatto. M’incamminai di bel nuovo all’impresa; ma arrivato che fui in uno stretto corridore, dove l’acqua era più alta di me, la torcia si smorzò nell’acqua, e a gran pena potei essere ajutato dal servitore rimasto fuori della grotta. Nelle rovine dell’antica Ostia feci fare diversi tasti per iscavare; ed il lavoro si ripiglierà quando vi torneremo l’anno venturo. Nella campagna di Roma sono siate fatte le seguenti scoperte. Due putti, che giuocano con astragali, o sia tali (gli ossetti della noce del piede de’ capretti4), de’ quali uno vince, l’altro perde; quello seduto sopra l’antico zoccolo con sembiante rattristato guarda l’astragalo gettato, e ne tiene quattro altri nella sinistra, ed uno nella destra; quello poi sta in piedi con sembiante pieno di contentezza fanciullesca, e tiene nella sinistra stretta al petto sei astragali, i quali a gran pena possono capire nella mano pienotta. Gli ha comprati Lord Hope5. Un altro inglese domiciliato in Roma ha avuto la sorte di trovare un Termine, o sia Erme, che è Ermafrodito, ed alato, di sublime bellezza, senza testa però, e senza braccia; e delle ale non vi sono che le tracce. L’anno passato nel tempo della villeggiatura a Castel Gandolfo fu scoperta la smisurata tazza, o sia labbro di marmo di trentacinque palmi di circonferenza, co’ fatti di Ercole intorno; ma ne mancava l’ottava parte senza grande apparenza di rinvenire il resto. Poco tempo fa in due volte sono stati scoperti due altri pezzi, e ne manca ancora un piccolo schianto6. Mi trasferii la settimana scorsa sul luogo medesimo della scoperta, otto miglia lontano da Roma verso Albano, luogo chiamato anticamente ad Statuarias, e vidi scuoprire un portico lastricato di marmo bianco; ma le colonne erano già siate portate via. Le basi non smosse erano di larghissimo intercolunnio, cioè di dieci palmi; e l’architettura era jonica per l’indizio, che ne dava un capitello frammentato7. Lo stesso giorno feci un esatto esame degli acquedotti dell’acqua Marcia, e Claudia, sbucando per tutto, e spogliato per arrampicarmi più facilmente. Ma tornando al labbro, per stanza del medesimo ha destinato Sua Eminenza di fabbricare un tempio tondo d’ordine dorico con un peristilio di sedici colonne, che stanno già pronte, e pulite a tal effetto8. Tengo unti li stivali per andare a Napoli; ma tornerò presto a Roma per stare poi qualche tempo coll’emo mio padrone nella sua delizia a Porto d’Anzio, ove egli si tratterrà tutto il mese di maggio. Ne’ mesi caldi vi farò la mia residenza solo solo, e finito questo soggiorno anderò con Casanova costeggiando la spiaggia dell’Adriatico sino a Urbino per ingrassarci co’ capponi a un paolo il pajo. Ecco una bellissima profpettiva di vita, la quale considero come un compenso della solitudine Nothniziana, ec.

  1. Scrive alli 16. marzo 1763.
  2. Dopo esser passato alla villa Albani, fu pubblicato dal nostro Autore nei Monum. ant. ined. n. 96. e spiegato Par. iI. cap. 12, n. 1. pag. 130., ove nota, che questo marmo era già stato pubblicato dal Padre Volpi Vetus Latium profanum, Tom. VI. Tab. XV. alterato a segno da mutarne il vero soggetto, il quale era già stato osservato in due gemme, delle quali parla nella Descript. des pierr. grav. du Cabin. de Stosch, cl. 3. sect. 1. n. 71. pag. 327.: una riportata dal Borioni Collect. antiq. rom. Tab. 55. e ivi illustrata da Venuti; l'altra da Begero Thes. Palatin. pag. 60. che prima era dell’Elettor Palatino, ed ora e del Duca d Orleans. Lo stesso fatto si vede espresso in una moneta d’Atene in bronzo, che ho veduta nel museo Borgiano a Velletri.
  3. Vedi Tom. I. pag. 310. not. a.
  4. Vedi qui avanti Tom. iI. pag. 364. Ne tratta anche Martorelli De reg. theca calam. lib. 2. cap. 4. pag. 391., e in additamen, pag. XXII., e gli eruditissimi Accademici Ercolanesi nelle Pitture d’Ercolano, Tom.I. Tav. 1., ove sono rappresentate delle fanciulle, che giuocano con astragali, che noi chiamiamo anche impropriamente dadi, e Ficoroni da citarsi appresso.
  5. Winkelmann ha poi data la spiegazione di questi due putti, che mi pare giusta, nella citata lettera a Fuessli sulle scoperte di Ercolano, dell’edizione tedesca, pag. 45., e della traduzione francese, pag. 219., ripetuta nei Monumenti antichi ined. Par. I. cap. 13. pag. 41. in questi termini. „ Quest’opera si rassomiglia talmente all’Amore introdotto da Apollonio Rodio Argon. lib. 3 vers. 117. segg. in giuoco con Ganimede, che essa sembra dall’artefice presa all’immagine del poeta. L’Amorino di questo, stando in piedi, tiene anch’egli stretta sotto il petto la mano sinistra piena di astragali guadagnati a Ganimede, il quale sta seduto in terra incurvato e disdegnoso, per non essergliene rimasti che due, dopo ch’egli ha gettato il terzo „. Qui avanti nel Tom. iI. pag. 364. parla di due statue di fanciulle trovate verso la meta d’ottobre 1765. nella villa Verospi, ove erano anticamente gli Orti Sallustiani, che giuocano agli astragali; e le descrive anche in una lettera al signor Heyne dei 5 di decembre 1765. par. I. pag. 161. Sono simili ad una statuetta già posseduta dal cardinal di Polignac, ed ora nel ninfeo del re di Prussia, come dissi al luogo citato della Storia. Di questa, oltre il gesso, che se ne ha in Roma nell’Accademia di Francia, può vedersene la figura presso Ficoroni nell’operetta scritta appunto sopra I tali, ed altri strumenti lusorj degli antichi; di una delle altre ne dà la figura il signor Cavaceppi Raccolta di statue, ec. Tom. I. Tav. 60., ove per errore la dice trovata nel mese di maggio 1766.
  6. Lo stesso ripete in altra lettera in data dell’aprile seguente, al sig. barone Riedesel, par. I. pag. 219., mancando solo un palmo. Egli ha poi data tutta la tazza nei Monumenti ant. ined. num. 64. 65., colla spiegazione Par. I. cap. 25. pag 80. segg., ove dice che la sua circonferenza è di 32. palmi, come è veramente.
  7. Credo fosse trovata in questo luogo la colonna di granito, di cui parla il nostro Autore in altra lettera, che ho citata qui avanti pag. 44. col. 2.
  8. Non è poi stato eseguito. La tazza fu posta nel secondo gabinetto, ove sono otto colonne.

Note

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