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Lettera seconda | ► |
LETTERA PRIMA
Voi siete dunque in collera, mia gentile e bella amica, col Giornale letterario di Padova, di cui ricevo in questo momento un esemplare, e col Signor Guill.... uno dei compilatori del Giornale italiano, perchè han mossa guerra alla mia edizione dell’Alceste? Voi esigete assolutamente, che rompa un silenzio, che a parer vostro mi condanna, e per cui giungete perfino a sospettare che io abbia il torto? Ebbene, giacchè così vi piace, tratterò la mia causa dinanzi a voi, ma con quella moderazione che non dovrebbe esser mai dimenticata nelle letterarie contese. Rispetto troppo i compilatori del Giornale di Padova per osar di misurarmi con essi; ed il signor Guill... è in guerra con tanti, che mi sembrerebbe quasi indiscretezza il presentarmi a lui qual nuovo nemico; e l’uno e gli altri urbanissimi furono nelle loro censure. Mi limiterò pertanto alla difesa, tenendomi ben lontano dall’offensiva. So quanto sieno tenui le mie forze, e contento di non esser l’ultimo fra gli artisti, non oserò mai inscrivermi nella classe rispettabile dei dotti. Quella forza ignota, irresistibile che segna la linea su cui scorre la nostra vita, mi staccò giovinetto da’ miei diletti studj, e passati i più begli anni nelle cure ministeriali e nel vortice de’ pubblici affari, allorchè la patria nostra fu soggetta a politici cambiamenti, troppo tardi fui ridonato alle occupazioni letterarie interrotte sempre dalle cure dell’arte a cui mi sono consecrato. Ma a che tutte queste proteste con voi, che non ignorate alcuna delle mie passate vicende? Parliamo della nostra Alceste, sublime modello d’amor conjugale.
Mentre intorno a me, come in questo momento, tutto era calma e riposo, e regnava il profondo silenzio della notte, che più dell’aurora io trovo amica de’ liberi pensieri e delle affezioni del cuore, lessi per la prima volta la tragedia postuma del Cittadino d’Asti, intitolata l’Alceste. A gradi a gradi il mio cuore si sentiva deliziosamente commosso, e soavi lagrime cadevano dagli occhi miei. Quell’Alceste affettuosa, tenera e vera moglie, m’inspirava un tale interesse, e bramava tanto ch’esser potesse restituita alle braccia del suo sposo, che il desiderio mi faceva trovar possibile ad un Ercole il rapirla agli artigli di morte. Io seguiva palpitando l’Eroe, ed allorchè vincitore la riconduce ad Admeto, era a parte della pura gioja di due sposi felici.
Calda la fantasia di queste immagini fu breve ed interrotto il mio sonno. Sorgeva appena il giorno, ed io già svegliato non aveva nel mio pensiere che Alceste. L’idea di ridonarla al pubblico co’ miei torchj, il disporre tutti i dettagli dell’esecuzione, determinare la forma, i caratteri, ordinare all’incisore il ritratto d’Alfieri, estendere le poche linee da cui è preceduta l’edizione, fu questa tutta opera di due ore. Voi già sapete ch’io mi affretto sempre, giacchè sono convinto che la misura della vita desumer si debba più dal numero delle azioni che dei giorni. Esce alla luce dopo poche settimane la mia Alceste.
La nostra ben amata Augusta Vice-Regina e l’inclito Principe Eugenio, modelli di amor conjugale, l’accolgono qual cosa cara al loro cuore, ed ambedue quasi a gara colmano di favori l’editore1. Lieto d’aver portata a fine la mia intrapresa, e d’aver trascelta fra le opere postume d’Alfieri quella sua tragedia, unica ch’egli ha lasciata fra i molti suoi manoscritti, io reputava d’aver toccata la meta propostami, di presentare ai miei concittadini la più apprezzabile fra le opere postume d’Alfieri, il di cui nome, come gran tragico principalmente, per generale consenso, sembra che passar debba alla rimota posterità. Vi confesso pertanto che non poca sorpresa mi cagionò l’articolo che trovai nel N. 123. del Giornale italiano. Tutte le idee che potevano comporre una compiuta risposta, mi si presentarono alla mente; ma il caldo, gli affari, ed alcune seducenti distrazioni, di cui voi dovete aver memoria, non mi lasciarono nè voglia, nè tempo di estendere la facile pronta risposta. Il Giornale di Padova ed i vostri eccitamenti mi porgono opportunità d’incontrare la contestazione; ed a ciò mi accingo con piacere, giacchè sono intimamente convinto, che i rispettabili miei censori in questo caso si sono a me rivolti non colle armi che offre la verità, ma con quelle del sofisma e della finezza del loro ingegno. . . . . . . Abbastanza per questa notte: è troppo tardi, e voi mi sgridereste a ragione di questa intemperanza nell’uso delle ore destinate al riposo. Dimani a sera darò principio alle mie difese, e mi troverete rivestito d’armi come un Paladino. Buona notte, mia bella amica.
- Brescia 28 Gennajo 1808.
- ↑ Ragguardevole somma fu fatta tenere dalla munificenza di S. A. I. il Principe Vice-Re all’editore dell’Alceste, e S. A. I. la Vice-Regina con generosi sensi di aggradimento inviar fece allo stesso il grazioso dono di una elegantissima scatola d’oro.