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Diman che festo è 'l dì, col crin ripieno Là tra i giunchi palustri e l'alga immonda
Questo testo fa parte della raccolta Antonino Galeani

III

IL BALLO GALEOTTO

     Lilla, i’ mel veggio, il cittadino Aminta
piú che a’ suoi campi, a tue bellezze attende,
e la tua fama ed il mio core offende,
e pur lo stringi, seco al ballo accinta.
     Tu ’l neghi? e che dirai se sei convinta?
Su la man che tu prendi e che ti prende,
chi non vede restar, se ben v’attende,
la stampa a’ diti ed a pallor dipinta?
     Ahi, fai rosse le gote e ’l ciglio hai basso!
Perché rossor la guancia, allor, non veste?
perché a lui, come a me, non sei di sasso?
     Se tra le belle sei, sia tra le oneste;
ché villanella al cittadino è spasso,
ma ’l cittadino a villanella è peste.

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