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VII
(Furioso, XL, 5, 5-8; 7, 1-4; 10, 11, 64, 71; ediz. 1516)
1
. . . . . . . . . . . . .
O bella compagnia che mi raccoglie
Issabette, Lucie, Lucrezie, Ursine,
Caterine, Leonore, Aide, Alessandre,
Tadee, Nicole, Ippolite e Cassandre.
. . . . . . . . . . . . .
2
Mario Equicolo è quel che gli è piú appresso,
che stringe i labri e manda in su le ciglia
e fa con man di tutti i detti d’esso
di stupor segni e d’alta maraviglia.
. . . . . . . . . . . . .
3
Ecco Antonio Fulgoso, ecco Latino
Iuvenale e Pistofilo, e con lui
i’ veggo altri Alessandri, l’uno Guarino,
l’altro Orologi, e venir veggo dui
Ieronimi con loro, il Cittadino,
e quel di Veritá, sacri ambidui
a Febo, e veggo al Leonico a lato
Dresino, Floriano e Panizato.
4
Al Sasso, al Molza, al mio cugin far festa
Annibal veggo; ed a cento altri e cento;
veggo le donne e gli uomini di questa
mia ritornata ognun parer contento.
Dunque a finir la breve via che resta
non sia piú indugio, or ch’è propicio il vento,
tornando a dir de la compagnia bella
ch’avea il santo eremita alla sua cella.
. . . . . . . . . . . . .
5
Qua con molta arte e con piú forza lotta
e con robusti gioveni si afferra;
par che abbattuti giá n’abbia una frotta
e s’apparecchi a poner li altri in terra;
lá par ch’egli abbia piú d’un’asta rotta,
armato in simulacro d’aspra guerra,
a piè e a cavallo con ogni arma destro,
di tutti li altri e principe e maestro.
. . . . . . . . . . . . .
6
Vedesi altrove che non pur conserva
Ferrara, ma ’l dominio le proroga,
absente Alfonso, e quando la proterva
barbarie intorno ogni cittá soggiuoga,
franca la tien fra tutta Italia serva,
ma quante armato e quante volte in toga
Ippolito si veggia a fatti degni
lungo fora a cercar per tutti i segni.
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