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XI
1
Qual son qual sempre fui tal esser voglio
fino alla morte e piú se esser si puote:
o siemi amor benigno o m’usi orgoglio
o me fortuna in basso o in alto ruote;
i’ son di vero amor immobil scoglio,
che d’ogni intorno il vento e ’l mar percuote;
né mai giá per bonaccia né per verno
loco mutai né mutarò in eterno.
2
Si vederá scarpel di piombo o lima
formar in varie imagin diamante,
prima che ’l colpo di fortuna e prima
ch’ira d’amor rompa il mio cor costante;
si vederá voltar verso la cima
de l’alpi il fiume torbido e sonante,
che per nuovi accidenti o buoni o rei
faccino altro viaggio i desir miei.
3
A voi, signor, tutto il dominio ho dato
di me, che forse è piú ch’altri non crede;
so ben ch’a nuovo principe giurato
di questa non fu mai la miglior fede;
so che né al mondo un piú sicuro stato
di questo, re né imperator possiede;
non vi bisogna far fossa né torre
per dubio ch’altri a voi lo possa tôrre.
4
Quel ch’io v’ho dato a custodir son buona;
non verrá assalto a cui non si resista;
riccheza non sará che a voi prepona,
né sí vil prezo un gentil core acquista;
non nobiltá né alteza di corona,
ch’al sciocco vulgo abagliar fa la vista,
non beltá ch’in leve animo pò assai
vedo che più di voi mi piaccia mai.
5
Non avete a temer che in forma nuova
intagliar il mio cor mai piú si possa,
se l’imagine vostra si ritrova
scolpita in lui ch’esser non può rimossa.
Che ’l cor non ho di cera è fatto prova
che gli diè mille non ch’una percossa
Amor prima che scaglia ne levasse
quando in l’imagin vostra lo ritrasse.
6
Avorio o giemme ed ogni cosa dura
che da lo intaglio meglio si difende,
si spezará, ma non ch’altra figura
che quella prenda che una volta prende.
Non è il mio cor diverso alla natura
del marmo o d’altro che al ferro contende.
Prima esser può che tutto amor lo speze
che lo possa scolpir d’altre belleze.