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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Fulvio Astalli


I1


Nel tempo ch’accingeasi all’alta impresa
     Eugenio, presentossi a lui Fortuna
     E disse: io t’offro il crin per tua difesa
     Ten servi a incatenar la Tracia Luna.
5Io sarò teco: e nella pugna accesa
     Non ti si appresserà sventura alcuna,

     Ed appena faranno a te contesa
     Tutte le forze che Bizanzio aduna.
Stringi quel crin che ti può far felice,
     10E il tuo gran nome ancor più memorando,
     Che senza me nulla sperar ti lice.
Eugenio allor: va finto mostro errando;
     Và pel mondo a ingannar volgo infelice:
     Son la vera fortuna il senno e il brando,



TRADUZIONE DEL PRECED. SONETTO

di


AGOSTINO ISIMBARDI


Tempore, quo Eugenius sese accingebat ad arma,
     Fortuna ante suos visa repende oculos.
En crinem, dixit, quo defendaris: in isto
     Agnoscat laqueos barbara Luna suos.
Tecum ero, ne dubita et pugnæ dum creverit ardor,
     Evenient armis prospera quæque tuis.
Quin etiam tibi tot quamvis vix ipsa resistent
     Agmina quæ Thracum Regia mittit ovans:
Qui tibi, qui famae pretium dabit? arripe crinem;
     Nil sperare tibi me sine in Orbe licet.
Tunc vero Eugenius: sparsis errare capillis
     Perge, ait, o monstrum, noxia perge lues.
Perge super Terras infelix fallere vulgus,
     Sors etenim verax, mens, gladiusque mihi est.

  1. Pel Sereniss. Principe Eugenio.

Note

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