< Notizia bibliografica intorno alle Ultime lettere di Iacopo Ortis
Questo testo è completo.
IV. Verità storica delle Ultime lettere
III. Traduzioni V. Pareri de' letterati su le Ultime lettere

IV. Veritá storica delle «Ultime lettere»

Da una lettera scritta nel 1808 al signor Bartoldi, letterato prussiano, autore d’un Viaggio in Grecia, e della quale ei rilasciò copia in Italia a persona che ce l’ha partecipata, desumesi che l’amore destato dalla giovinetta, e le circostanze, e le qualitá estreme di generositá e di furore della passione sono storia, e che parecchie di quelle lettere amorose furono scritte e spedite, quali appunto si leggono; e il pensiero, di ridurle a libro e di pubblicarle nacque dopo assai tempo, quando, calmatesi le passioni, non rimaneva che la memoria de’ fatti. I caratteri individuali de’ pochi personaggi introdotti nell’azione sono espressi dalla natura vivente; così pure alcune scene de’ luoghi: e vi fu tal viaggiatore il quale, standosi una sera sull’altura del monte che gli fu mostrato, riconobbe esattissimi i quadri campestri e, come ei dice, «le tinte locali» della lettera che incomincia: «S’io fossi pittore!»1. Gli episodi della gentildonna di Padova, della vecchierella romita, della giovinetta maritata di fresco, de’ dialoghi col poeta Parini, del mendico vagabondo e del contadino calpestato dal cavallo2 sono verissimi quanto a’ fatti, benché esagerati per avventura dalla fantasia di chi ne fu spettatore insieme ed attore, dalla troppa passione con che li racconta e dalle tristissime conclusioni ch’ei ne ricava. Intorno a Lauretta siamo in dubbio se fosse persona reale o fantastica. Finalmente, in quanto al protagonista, è presentato tale qual era, ne’ casi della sua vita, nell’etá ch’egli aveva, nelle sue opinioni e passioni e in tutti i moti tempestosi dell’anima sua, specialmente in quelle ore ch’ei meditava su la morte e s’apparecchiava con mente deliberata al suicidio. Bensí il nome è mutato: quantunque sia vero che un giovine di casato Ortis s’uccise in Padova verso que’ tempi; non però lasciò scritto veruno, né s’è potuto mai congetturare la ragione della sua morte. Ed oltre all’essersi cangiati tutti i nomi de’ personaggi, e traslocata la scena d’una in altra contrada d’Italia, molte particolaritá sono state innestate, e alcuni quadri di paesi sono ideali, per riguardi alle famiglie, le quali, sebbene non fossero per quegli avvenimenti disonorate, sarebbero state a ogni modo riconosciute e nominate indiscretamente dal mondo. Tale è il trasunto della lettera scritta al Signor Bartoldi; e noi, per gli stessi riguardi, non abbiamo riferito se non quanto è necessario a’ lettori.

Un altro scrittore osservò:

che il protagonista, essendosi anteriormente ingerito negli avvenimenti della sua patria, ed educatosi l’animo con l’esperienza di que’ tempi, veste di necessitá un carattere storico, importantissimo a chi desidera di osservare gli effetti che le politiche mutazioni producono in un individuo e in tutto un partito, che pensa e sente com’esso. Né all’autore era necessario di riferire particolarmente de’ fatti in guisa ch’altri debba prestargli fede, e forse viveva sotto tale governo da non potere fuorché accennarli: nondimeno gli basta; perché, toccandoli appena, spiega sovr’essi tutti i pensieri che bollivano in molti de’ suoi cittadini e mostra almen da una parte le opinioni degli italiani. Che poi queste opinioni, e il sistema politico a cui l’Ortis s’appiglia, sia da riprendersi o da lodarsi, poco rileva; ma, chi non guarda indifferentemente le sciagure de’ popoli e le opinioni a cui sono strascinati appunto dalle sciagure, importa molto il trovare conservata ne’ libri un’immagine viva de’tempi3.

Fu chi disse che il libro tende unicamente a insinuare negl’italiani la passione dell’indipendenza, l’abborrimento a qualunque dominazione straniera e il disprezzo d’ogni setta religiosa, letteraria e politica, le quali, lacerando l’Italia, la lasciano a beneplacito del piú forte: però le massime di politica sono artificiosamente ravviluppate in un libretto d’amore, affinché penetrassero fino al cuore de’ giovani e delle donne. Altri stima che siccome il Werther rappresenta il suicidio quasi malattia crescente, incurabile di certi individui; cosí l’Ortis intenda di raccomandarlo quasi rimedio di certi tempi, come se il troppo terror della morte avvezzasse i mortali a comperarsi la vita a prezzo d’infelicissima servitú. La insistenza ne’ ragionamenti sul suicidio, e l’ardire con che ei fin d’allora parlava dell’uomo, che insieme atterrí e fece seco ridicola mezza l’Europa, potrebbero avvalorare le due congetture sovraccennate; e il maggior merito, che il traduttore francese trovi nel suo testo, si è: che «abbia nel silenzio universale snudata. l’anima dell’oppressore comune»4 . E questa è forse la causa principale del concorso di tanti lettori di varie nazioni, i quali amavano di vedere espressi i loro propri sentimenti ch’essi non avrebbero forse saputo né ardito manifestare. Nondimeno sí fatto merito non è di gran peso per chi esamina il libro come opera letteraria e per chi, oltre al bene che può recare, considera anche il veleno che può instillare appunto negli animi de’ giovinetti e delle fanciulle.

  1. Lett. 13 maggio, p. 305.
  2. Lett. Padova, 11 dicembre, p. 272 e sgg.; — 19 gennaro, p. 282 e sg. —17 aprile, p. 292 e sgg.; — Milano, 27 ottobre, p. 11 e sgg. di questo voi. ii, — Dalla Pietra, 15 febbraio, p. 23 e sgg. (ib.) — 14 marzo, p. 40 e sgg. (ib.).
  3. Kleine Aufsätze meist historischen Inhalts, von Heinrich Luden, Göttingen, 1807, p. 129.
  4. Vedi la prefazione del Proscrit par monsieur S***.
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