< Notizia intorno a Didimo Chierico
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VII IX


Da’ sistemi e dalla perseveranza con che li applicava al suo modo di vivere, derivavano azioni e parole degne di riso. Riferirò le poche di cui mi ricordo. Celebrava don Chisciotte come beatissimo, perchè s’illudeva di gloria e d’amore. Cacciava i gatti perchè gli parevano più taciturni degli altri animali; li lodava nondimeno perchè profittavano della società come i cani e della libertà quanto i gufi. Teneva gli accattoni per più eloquenti di Cicerone nella parte della perorazione, e periti fisionomi assai più di Lavater. Non credeva che chi abita accanto a un macellaro, o su le piazze de’ patiboli fosse persona da fidarsene. Credeva nell’ispirazione profetica, anzi presumeva di saperne le fonti. Incolpava il berretto, la vesta da camera e le pantofole de’ mariti della prima infedeltà delle mogli. Ripeteva (e ciò più che riso moverà a sdegno) che la favola d’Apollo scorticatore atroce di Marsia era allegoria sapientissima non tanto della pena dovuta agl’ignoranti prosontuosi, quanto della vendicativa invidia de’ dotti. Su di che allegava Diodoro Siculo lib. iii n. 59 dove, oltre la crudeltà del vincitore, si narrano i bassi raggiri co’ quali ei si procacciò la vittoria.

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