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In mare A i poeti pinzocheri


CLAM



Sentio sub me validum fiatum,
     vox mihi salda est: quid erit, Philippe,
     si meae laudes canimus Zaninae?
                              Accipe pivam.
          Merl. Coccai. Zanitonella. Ecl. I.




O
deliciae deliciarum

    solve comam, deme avarum,
    tegumentum papillarum,
               4abiice subuculam.

Absit metus, nam censores
    frustra rimant extra fores,
    nec blanditias, nec lepores
               8nostros capiunt auribus.

Pande brachia, pande sinum,
    cane carmen fescenninum:
    nesciunt critici latinum
               12quamvis macaronicum.

Ecce manet nos paratum,
    hic sub umbris molle stratum;
    ecce vocat nos peccatum,
               16ecce vocant praelia.

Flos labiarum, flos amoenus
    flos amoris mellis plenus,
    Io, quam dulcis ridet Venus
               20in labellis roseis!

Io, quam fortis, quam formosa
    Cinthia mea pruriginosa,
    tendis ilia illecebrosa
               24amatorio impetu!

Io peccatum, Io blanditiae,
    Io convicium pudicitiae;
    Io postremus, Io, letitiae
               28apex ineffabilis!

Iam demissi sunt lacerti
    nuper collo meo conserti;
    languescentes et incerti
               32ecce pallent oculi.

Prostat pulvinar fucatum
    flecte caput fatigatum,
    sterne, Cinthia, sterne latum,
               36prostat conscia culcita.

Dum en carmen susurrabo,
    tibi somnum conciliabo,
    tuam flabello ventilabo
               40nuditatem candidam.

Dicam nunc amoris laudes,
    dicam basia, amplexus, fraudes
    quibus tu, mea Cinthia, gaudes,
               44quibus ego pereo.

Euge, impelle in hymni sonum
    rabiem frigidam spadonum,
    stilum, censor, sume bonum:
               48Euge. Rido ad lacrimas.



E
sser donna vorrei, gobba, schifosa,

ricca di scudi e di ribalderie,
seccante peggio de le litanie,
4puzzolente befana e scandalosa,

    perchè l’arte pudica e virtuosa
lodasse tanto le bellezze mie
che tra i marenghi e le vigliaccherie
8d’un poeta ideal fossi la sposa.

    Io, mucchio di sporcizia e di letame,
il mio poeta da gli amor divini
11lo metterei tra il vizio e tra la fame

    per far vedere a i critici norcini
chi la vincesse ne la lotta infame,
14se la sua pudicizia o i miei quattrini.



L
à su, là su, dove salir non anche

fu dato a ’l nostro desiderio intenso
forse un dì voleremo, anime stanche,
4spiriti vani e liberi da ’l senso.

     Là su, là su, dove le stelle bianche
fan la notte più bella e il ciel più denso,
anime volerem giulive e franche,
8raggi di luce ne l’azzurro immenso.

     Volerem a delizie interminate
in alto, in alto, luminose larve
11eternamente libere e beate.

     Scorderemo là su l’antico errore
e questo mondo vil dove ci parve
14balsamo l’odio e tossico l’amore.



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