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L’ANNUNCIAZIONE
- Erat autem Maria instar columbae
- educata in templo Domini.
- Protevangelion Jacobi VIII.
- In Fabricii Cod. Apocr.
L’ANNUNCIAZIONE
ne ’l tempio de ’l Signor vivente e vero.
Giganti dietro le cortine immobili
4vegliano lo spavento ed il mistero.
Un silenzio terribile
pesa ne l’aria di profumi carca.
Ritti ne l’ombra, l’ala immane stendono
8i cherubini d’oro intorno a l’Arca;
ed una bruna vergine,
cui l’immenso mister non ispaura,
ne la penombra de’ fuggenti portici
12le faci a risvegliar scende secura.
Secura ne le tenebre
passa costei de ’l suo Signor ne ’l nome,
chiude il tenero piè ne ’l breve sandalo,
16stillan di nardo le fluenti chiome.
Ella non sa che inconscio
ne gli occhi di gazzella amor le dorme,
ella non sa come la stola candida
20l’onda tradì de le virginee forme.
Bruna ma bella. Il tumido
labbro ricorda il fior de ’l melograno.
Bruna ma bella. I curvi lombi ondeggiano
24come su i colli di Samaria il grano.
Ecco da l’alto un pallido
raggio di luna sovra lei discende;
un azzurro baglior come di fosforo,
28gli sculti enigmi de l’altare accende.
Ecco ne l’aria tepida
un cantico lontan palpita e muore.
Bella è la notte. Le fanciulle cantano
32sotto le palme la canzon d’amore.
Come una bianca statua,
ne le pieghe de ’l vel candido avvolta,
ritta su i gradi de l’altar, la vergine
36gl’inni che fremon ne la notte ascolta.
Respira i molli balsami
che da lontani fior le porta il vento,
guarda pe’ vani de l’intercolonnio
40le stelle scintillar come d’argento.
Ne’ grandi occhi le passano
le fiamme de ’l desio come un baleno;
commosse quasi da un arcano spirito
44turgide pulsan le beltà del seno.
Ella sente ne l’anima
il fremito passar de la tempesta,
ella sente bollir ne ’l sangue giovane
48la potenza d’amor che in lei si desta;
ed ecco da le complici
ombre che fascian d’Adonai l’altare
sì come un angel di bellezza splendido,
52a l’aspettante un giovanetto appare.
Apri le braccia, donati
a le carezze de l’amor Maria...
Noi leviamo a ’l Signor l’osanna, o popolo:
56tra nove mesi nascerà il Messia.
de’ poeti morali e religiosi
e tra le frasche pudibonde ascosi
4il biscottino solito aspettate,
poveri uccelli, non ve ne fidate,
poveri uccelli, siate men golosi.
Se gli uomini con voi son maliziosi,
8fingono i vati per mestier. Badate.
Conosco più d’un arcade patito
che d’adorarvi ne’ sonetti ostenta,
11ne’ sonetti di zucchero candito,
ma quando l’eco de’ suoi gridi è spenta,
si rassegna a pranzar con appetito
14e gli piacete assai con la polenta.
così ricche quest’oggi e così belle,
come fiumana che la messe invade
4proromperà l’esercito ribelle.
Fiammeggeranno in alto allor le spade
tinte ne ’l sangue d’una gente imbelle,
ed il clamor de la fraterna clade,
8orrendo salirà fino a le stelle.
E tutto suonerà d’urla e di pianti
e la vendetta veglierà fatale
11de la città su i ruderi fumanti.
O correttori de l’altrui morale
quello il tempo sarà di farvi avanti
14a predicar Manzoni e l’ideale.