< Novelle (Bandello, 1910) < Appendice
Questo testo è incompleto.
Dedicatoria I
Appendice Appendice - Dedicatoria II

I

Al magnanimo ed illustrissimo signor

il signor

alberigo cibo malaspina

marchese di Massa

signor suo osservandissimo


Ho molte volte meco medesimo pensato, illustre signore, qual fosse maggior errore, o non far palese a V. S. in quanto per me si poteva l'affezione che io porto, gran tempo fa, a l’infinita virtú di che voi siete dotato dal cielo, o facendolo incorrere in nome o di prosontuoso o di temerario, come quello che, avendo poco riguardo a l’altezza vostra e a la bassezza mia, ardissi occupar con l’indegnitá del mio nome la grandezza della vostra nobil alma, tutta rivolta ad alti e generosi pensieri. Ma avendo, per l’univer- sal testimonio di tutti quelli con chi ho ragionato di voi, concetto ne l'animo che la cortesia sia quella che, avendo in essa pochi che vi agguaglino e nessuno che vi passi avanti, particolarmente olire a l'altro rare qualitá vostre v’oblighi la maggior parte degli uomini, perché deggio io dubitare di farvi palese in quel modo che posso, ancor ch’io non possa come vorrei né come si converrebbe, questa inclinazione de l’animo mio verso le belle parti che sono in voi? E forse che sono leggere quelle cagioni che mi incitano, anzi mi sforzano, a ciò fare? ché, pur ch’io rivolga il pensiero al chiaro nome di voi, tante e siffatte virtú vostre mi si rappresentano a l’animo, che temerei, volendole pur raccontare non che illustrare, di non poter fuggire il nome di adulatore appresso M. Bandello, Novelle. 31 322 APPENDICE quelli, a l’orecchie dei quali non fossero pervenute mai per l’addietro, e che quelli che le sanno mi tenessero poco giudizioso, poi che, non dicendo di loro abastanza, vi diminuissi le lodi pensando d’accrescervele. Ma questo non vi posso già tacere, che da loro sono stato mosso e da la cortesia sono stato invitato, come ho detto, e da la umanità, per il che ho preso ardire di voler farvi chiaro che sono ancora io nel numero di quelli che osservano ed ammirano le virtù vostre, le quali hanno -forza di farvi amare ed onorare da quelli che non vi hanno conosciuto se non per fama. Laonde, venendo in luce per mezzo de le mie stampe la prima parte de le Novelle, anzi più tosto Casi occorsi, dal Bandello raccolti e descritti, ho pensato indirizzarla a voi, a ciò vi degniate onorarla col vostro nome, e non perch’ella debbi apportare onore e chiarezza a voi, ché da voi medesimo séte chiarissimo e onoratissimo. Accettatela dunque con quell’animo che v’è porta, e non vogliate al dono né a chi dona, ma a voi medesimo riguardare. E leggendola quando vorrete alquanto di ricreamento da’ vostri gravi pensieri, e veggendo in essa quanto possa la fortuna nei casi umani, rallegratevi con voi medesimo che ella non possa contrastare i dissegni vostri, anzi sempre a guisa di serva vile sia da voi tenuta oppressa col piede, tanto è grande il valore de l’animo vostro invitto. Il quale, dopoi che sarà da voi ricreato per la lezione dei vari successi e piacevoli avvenimenti che in essa troverete sparsi, potrà con maggior vigore tornar là dove la virtù propria il chiama, per acquistarsi con l’opere virtuose perpetuo splendore ed immortai gloria. Intanto voi, signor mio, accettate insieme col picciol dono la servitù mia, che con grandissima affezione vi consacro; e basciandovi umilmente le mani, vi prego quella felicità che desiderate e che meritate. Di V. S. illustrissima affezionatissimo servitore Vincenzo Busdrago. Di Lucca, il di xx di marzo MDL1III.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.