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II.1


O della stirpe dell’invitto Marte
     Verace Figlio, a cui cedè pugnando
     Ogni del mondo più remota parte,
     4Non ch’il Belga, il German, l’Anglo, il Normando.
Parmi dal Tebro in quel gran dì mirarte,
     Quando la forte destra in mar rotando,

     La manca in alto sostenea le carte,
     8Posto lo scudo al dorso, e in bocca il brando.
Ed oh, qual sei qui fermo oltre il costume,
     Tal fossi stato al Rubicone in riva
     11Fermo, senza spronar di quà dal Fiume!
Che il Tebro, e il mondo ah non avrian veduto
     Nè la Patria al tuo piè gemer cattiva,
     14Nè te steso nel sangue appiè di Bruto.

  1. Sopra la Statua di Giulio Cesare.

Note

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