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Le persone prudenti
Scampolino I nostri bambini



Le persone prudenti




Appena tornata a casa, la Marietta corse subito dalla sua graziosa padrona, gridando con voce allegra e squillante:

— Indovini un po’, signora Laura, chi ho veduto da lontano, mentre andavo alla posta?

— Se me lo dici, lo indovino più presto. Chi hai veduto?

— Il signor Vittorio!

— Come? Vittorio è qui, e non s’è lasciato ancora vedere? Mi pare impossibile.

— Eppure era lui; lui in persona. Un po’ ingrassato, ma sempre un gran bell’uomo! —

E nel dire un gran bell’uomo, la Marietta fece con la lingua quello scoppiettino di golosità che fanno i ragazzi ghiotti quando rammentano la panna coi cialdoni.

Poi riprese:

— Come passa il tempo! mi pare ieri che il signor Vittorio veniva sempre qui per casa e che tutti dicevano che fra lui e lei....

— E poi ogni cosa andò in fumo, non è vero? — disse Laura dando in una gran risata.

— Peccato! che bella coppia che sarebbe stata!

— Povera giucchina! si vede proprio che non capisci nulla! Per tua regola, Vittorio non era l’uomo per me. Troppo leggero! troppo volubile! troppo sfarfallone! Speriamo che in questi due anni di matrimonio l’Emilia gli avrà fatto mettere un po’ di giudizio.

— Un po’ scapato, è vero, — ripetè soprappensiero la Marietta, — ma sempre un gran bell’uomo!

— Bello, in quanto! Agli occhi miei, per esempio! val più Demetrio in un dito della mano che....

— Dicerto! il padrone è una gran degna persona, un angiolo di bontà; ma voglio dire che non ha tutta la malizia di esser bello come il signor Vittorio....

— A darti retta, — soggiunse Laura, — ci sarebbe quasi da credere che tu ne fossi innamorata.

— Innamorata io? Dio me ne guardi! Io sono una povera cameriera; e poi non son bella: ma il signor Vittorio mi diceva sempre che le ragazze, quando hanno gli occhi neri e i denti bianchi, non sono mai brutte, nemmeno quando son brutte.

— Quante scioccherie! Che forse si pigliava qualche confidenza anche con te?

— Uh! non c’era pericolo. A me faceva soltanto quei piccoli scherzi, che fanno tutti i signori a noi povere cameriere. Una volta, una sola volta di numero, fu tanto sfacciato da darmi un bacio...

— Un bacio!... e perchè non venisti a dirmelo?

— Glielo volevo dire; ma poi pensai dentro di me: se lo racconto alla signora Laura, il signor Vittorio è tanto schizzinoso, da aversene a male, e allora dei baci non me ne dà più. E io, per non fare scandali, stetti zitta. —


*


Questo dialogo fu interrotto da una voce, che si udì nella stanza accanto: una voce che disse:

— Si può?

— Vittorio!... voi qui? — gridò Laura andandogli incontro. — Di dove venite? dall’America! dall’Indie?

— Vengo direttamente da casa mia. Sono arrivato ieri sera coll’ultimo treno.

— Marietta! andate a fare quel che dovete fare! — disse la padrona con tono imperativo alla giovane cameriera, la quale si era fermata sulla porta forse sperando che Vittorio si sarebbe almeno degnato di guardarla.

— Godo, amica mia, di ritrovarvi sempre bella e sempre fresca, come una camelia sulla pianta.

— Anche voi state bene. Vi siete conservato come un ermellino nella canfora. E l’Emilia che fa?

— Per carità! non toccate codesto tasto! non inacerbite la piaga!...

— Mio Dio! mi fate paura! È forse malata?

— Peggio! — replicò Vittorio, cacciandosi le mani nei capelli.

— Mor.... ta?...

— Peggio! —

Vi furono due minuti di silenzio: poi Laura, esitando, domandò quasi sottovoce!

— Ditemi, Vittorio.... e lui chi era?

— Un mio antico compagno di collegio! un amico d’infanzia!...

— Infami! tutti così gli amici d’infanzia.

— Venne quest’estate a fare i bagni di mare. Figuratevi se, dopo tant’anni, lo rividi con piacere! Gli offersi una camera e un salotto in casa mia. Non voleva accettare, ma insistei tanto, che finalmente accettò. Lo presentai all’Emilia, e in poche ore, Giorgio diventò come uno della nostra famiglia. Pranzava con noi, la sera m’accompagnava al Club, e atte due dopo mezzanotte veniva a riprendermi per tornare a casa insieme....

— E com’è che arrivaste a scoprire?...

— Una lettera, che era destinata per lei, capitò disgraziatamente nelle mie mani..., e la luce fu fatta.

— Cioè?

— L’amico.... capito? l’amico d’infanzia..., l’antico compagno di collegio..., l’ospite di casa mia, col pretesto di un amore tutto platonico e spirituale, insidiava alla mia tranquillità..., attentava al mio onore! Immaginatevi la scena fra me e l’Emilia! Una scena d’inferno.

— E ora come siete rimasti!

— Lei è tornata presso sua madre, e io, con la morte nell’anima, ho preso la strada ferrata.... per non commettere un delitto!


*


— Meno male, — disse Laura, — che si trattava d’un amore platonico....

— Tutto sta bene, — replicò Vittorio con amaro sorriso — ma fra due persone innamorate chi può dire dove finisce l’amore platonico e dove principia quell’altro.... senza Platone? Credetelo, Laura: questo è stato per me un gran colpo. Io vado incontro a una malattia grave, a una malattia che forse mi condurrà al sepolcro!

— Le solite esagerazioni, amico mio! Se le burrasche coniugali portassero seco una malattia, a quest’ora tutto il mondo sarebbe uno spedale.

— Io lo domando a voi! Si può trovare un uomo più infame di Giorgio?

— Tutti gli uomini, in certi casi si somigliano.

— Non lo dite! non lo dite! Io, per esempio, ho avuto sempre un culto, una religione per l’amicizia.

— Sarà!...

— La moglie dell’amico, per me, è stata sempre una cosa sacra, inviolabile..., non lo credete?

— Tutto è possibile.....

— L’uomo che tradisce l’ospitalità dell’amico, per me è uno scellerato, un assassino volgare!...

— Non dico di no: ma la colpa non è del vostro amico....

— Sarà dunque mia?

— Nemmeno vostra. La colpa è tutta dell’Emilia. Una moglie prudente, secondo me, vede subito il pericolo o per lo meno la sconvenienza di accettare in famiglia un giovine, sia pur questo giovine un amico intimo del marito. Io, per esempio, ne’ piedi dell’Emilia....

— Che cosa avreste fatto?

— Avrei fatto in modo, che Giorgio sarebbe rimasto sulla locanda. Una camera in casa mia non ce l’avrebbe trovata davvero!

— No?

— No, no, no, e poi mille volte no.

— Ma non capite che fu la mia insistenza....

— Io capisco tutto; ma dico che una moglie prudente deve aver giudizio, occorrendo, anche per il proprio marito.

— Per carità, lasciamo da parte questo argomento; se no, c’è da perdere il cervello. Parliamo d’altro. Ditemi, Laura, e quel caro figliuolo di Demetrio che fa?

— Può star poco a tornare.

— Beato lui!

— Perchè?

— Perchè gli è toccato in moglie un angiolo di donna veramente rara!

— Badate, Vittorio mi farete arrossire, replicò Laura scherzando.

— E pensare che questo tesoro di grazia e di bontà poteva esser mio!... mio, per tutta la vita! Vi rammentate, Laura, di quei tempi felici di una volta?

— Non mi rammento di nulla!

— Come? nemmeno di quella famosa villeggiatura alla Madonna del Lago?...

— Vi ripeto che non mi rammento di nulla, di nulla affatto.

— Possibile?

— Mi rammento soltanto di un proverbio che dice: acqua passata non macina più.

— Ah! Laura mia! i proverbj qualche volta sono crudeli!

— Saranno crudeli, ma qualche volta fanno comodo per troncare i discorsi uggiosi.


*


— E Demetrio che fa? Si mantiene sempre lo stesso? Vi è riuscito ancora di fargli smettere il vizio prosaico di stabaccare dalla mattina alla sera?

— Peggiora ogni giorno di più. Credetelo, che alle volte ci vuole tutta la mia pazienza.

— Dunque non siete felice?

— Felicissima!... Ma!

— C’è un ma....

— Ma conosco molte donne, che debbono essere assai più felici di me.

Pare incredibile che una donnina così gentile come voi, così piena di gusto e così aristocratica, possa avere scelto per marito....

— Vi avverto che non ho nulla da pentirmi.

— Questa dichiarazione onora il vostro carattere, — disse Vittorio avvicinandosi sempre più a Laura e pigliandola per le mani; — ma venite qui, amica mia, e parliamoci un pochino a quatt’occhi, e in tutta confidenza: se in questo mondo si potesse tornare indietro?... Se certe cose si potessero fare due volte?...

— A dar retta ai vostri se, — replicò Laura impazientita, — ci sarebbe da dire un monte di scioccherie.

— Creatura divina! E pensare che la Provvidenza mi aveva messo dinanzi agli occhi l’unica donna, che avrebbe potuto fare la mia felicità! E io, imbecille!... Oh Laura! vi rammentate di quei bei tempi di una volta?

— Qualche volta me ne rammento!

— E di quella famosa villeggiatura alla Madonna del Lago?...

— Anche di quella!

— Cattiva! E poi avete il cuore di venirmi a dire che acqua passata non macina più!

— Non son io che lo dico..., è il proverbio.

— Quante volte ho pensato a voi! quante volte vi ho veduta ne’ miei sogni! —

E nel dir così, Vittorio avvicinò, forse senza avvedersene, il suo viso a quello della sua graziosa interlocutrice, e lo avvicinò tanto, che si sentì nella sala un piccolissimo rumore che parve un bacio.

Laura scattò su da sedere, tutta impermalita, e coll’accento solenne e minaccioso di una Regina offesa, disse:

— Badiamo bene che questa sia la prima l’ultima confidenza che vi prendete con me; e ricordatevi, signore, che io non mi chiamo Emilia!... —

E Dio lo sa come questa scena sarebbe finita, se per fortuna non si fosse affacciato sulla porta quel buon diavolo di Demetrio, marito di Laura.


*


Era bella questa donna?

Laura non era bella, ma era carina. Le donne belle si possono descrivere: le donne carine, no. Bisogna conoscerle, o bisogna sapersele immaginare. Chi è che sappia ridire a parole quei lineamenti, non sempre corretti, ma simpatici, quelle sfumature piene di grazia, quei chiaroscuri delicati, quelle occhiate procaci e modeste, quel modo particolare di camminare, di ridere e di fare il musino adirato, quelle moine spontanee e naturali, quelle monellerie infantili, quei dispettucci che paiono carezze, e tutti quegli altri incantevoli nonnulla, che servono a formare questa elegante varietà della specie umana, conosciuta nella Storia Naturale col vezzeggiativo di «donna carina?».

La stessa fotografia è incapace a farne il ritratto vivo. Prendete, difatti, il ritratto in fotografia di una donna calma di vostra conoscenza, e se il ritratto è fatto bene davvero, arriverete fino a dire: «il ritratto somigliantissimo: ma non è lei! ci manca qualcosa!...».

Quanto a Vittorio, era un bell’uomo per le donne, e un tipo comune per l’occhio dell’artista. Sempre elegante, sempre attillato, sempre potato e rimondato, come un giardinetto inglese, il più bel complimento che tu potessi fargli era quello di chiamarlo un vero figurino di Parigi. A lui questo complimento sonava bene e te ne restava gratissimo: un altro, invece, ti avrebbe mandato i padrini fino a casa!

Demetrio, il marito di Laura, poteva dirsi il rovescio della medaglia.

Buon uomo e pieno di buona volontà, si occupava un po’ di tutto, fuori che del sarto e del parrucchiere.

Non era di quegli uomini che si vestono, ma piuttosto di quelli che si lasciano vestire. Ogni soprabito gli andava bene, purchè non fosse nè tanto stretto da levargli il respiro nè tanto largo da perderlo per la strada.

Nella sua vita esemplarissima aveva un solo difetto: stabaccava; e nello stabaccare, aveva insegnato alla canna del suo naso a emettere certi suoni e certi vocalizzi inarmonici, che non si trovano scritti in nessun libro di classica e decente armonia.

Uomo di principj costituzionali e di opinioni moderatissime, si lavava le mani e il viso tutti giorni, ma adoperava il sapone, solamente il giorno natalizio del Re. E se questo era molto per un buon cittadino, non era moltissimo per un cittadino pulito.


*


Quando Demetrio apparve in sala, vi furono grandi abbracciamenti e grandi strette di mano fra i due amici.

Perchè bisogna sapere che Vittorio e Demetrio erano stati ragazzi insieme, ed erano venuti su come due fratelli.

— E l’Emilia? — domandò a un tratto Demetrio.

— Per carità non toccare questo tasto! Non inacerbire la piaga!... —

Laura che oramai sapeva a mente questo brano di storia intima, pensò bene di andarsene e di lasciarli soli.

Vittorio, allora, raccontò per filo e per segno tutta la sua disgrazia, e finì col concludere amaramente:

— Ecco le conseguenze dell’aver per moglie una donna frivola e leggera!

— Eppure, — replicò Demetrio — se lo domandi a me, la colpa non è nè dell’Emilia nè del tuo amico.

— E di chi vuoi che sia?

— La colpa è tua.

— Mia?

— Tua!

— Mi faresti ridere, se tu non mi facessi dispetto.

— Tieni a mente quello che ti dice un uomo che la sa lunga, e lunga dimolto: quando si ha per moglie una donnina giovine e piacente, non è mai prudenza di mettersi per casa dei mosconi!

— Come? non dovrò dunque offrire una camera a un antico compagno di collegio?... a un amico d’infanzia?...

— Non c’è amico, non c’è compagno di collegio, che tenga. Quando si ha per moglie una donnina giovine e piacente, la prudenza insegna....

— Vattene al diavolo te e la tua prudenza. Allora bisogna supporre che tutti i nostri amici siano una masnada di assassini, di filibustieri.

— Il marito prudente, — replicò Demetrio riscaldandosi e alzando la voce, — fa come il Tribunale; ritiene l’uomo colpevole, anche quando parrebbe innocente.

— Ma dunque in questo mondo non ci sarà più un galantuomo?

— I tuoi amici saranno tutti galantuomini: ma vuoi un buon consiglio? se hai una moglie giovine, non ti curar mai di alloggiare gli amici in casa. Ricordati che l’occasione fa l’uomo ladro. Io, per esempio ne’ piedi tuoi....

— Che cosa avresti fatto?

— Nella mia qualità di marito prudente, avrei lasciato l’amico Giorgio sulla locanda. Oh! te lo giuro io! una camera in casa mia non ce la trovava davvero! A proposito: quanti giorni hai intenzione di trattenerti qui?

— Quattro o cinque giorni, tanto che mi passi la caldana che mi avvampa il cervello.

— E qual’è la camera che Laura ti ha destinata?

— Sono all’albergo del Leon Bianco.

— All’albergo?... Tu dirai per celia!

— Tutt’altro.

— Ma non ti vergogni?

— Di che?

— Sfacciato! Sai che c’è qui un tuo amico, direi quasi un tuo fratello, e più che un fratello, e invece di battere alla sua porta, gli fai l’affronto di andare sopra una locanda pubblica!... Sono cose dell’altro mondo! Laura! Laura! — urlò, chiamando, quel buon uomo di Demetrio.

Quando la moglie entrò in sala, il marito le disse con voce di comando:

— Fa’ subito preparare la camera verde.

— È inutile! Oramai sono sulla locanda e rimango lì.

— Va’ subito a prendere i tuoi bauli.

— Non vado.

— Bada, Vittorio, ci guastiamo. Te lo giuro sul serio, ci guastiamo. E tu, Laura, non gli dici nulla?

— Che vuoi che gli dica? Vittorio sa benissimo che se vuole accettare una camera in casa nostra, ci fa un regalo a tutti....

— Ho paura di darvi troppo incomodo.

— Quante paure che avete! — replicò Laura con vivacità. — Io invece non ho mai paura di nulla.

— Davvero?

— Di nulla (Io, caro mio, non son l’Emilia). —

Quella sera stessa Vittorio dormì nella camera verde. La camera verde restava accanto a quella di Laura: e Laura tossì di una tossettina nervosa tutta la notte.


*


Tre giorni dopo, la simpatica moglie del buon Demetrio, alzatasi da tavola, si chiuse nel suo salottino da lavoro e mise il segreto di dentro.

E cominciò a dire tutta impensierita:

— No, no! qui non c’è tempo da perdere!... Se aspetto qualche altro giorno, non avrò più forza per resistergli. L’infame!... avrebbe anche il coraggio di tradire l’ospitalità dell’amico! Ma io non sono l’Emilia! No, se Dio vuole, non sono l’Emilia, e posso vantarmene a fronte alta. E questa lettera? Quell’imprudente me l’ha fatta sdrucciolare in mano, stamattina, quando è venuto a darmi il buon giorno. Ma ancora non l’ho letta e nemmeno la leggerò! Bruciamola subito e non se ne parli più. —

Detto fatto, Laura si alzò, e, acceso un fiammifero di cera, fu lì lì per dar fuoco alla lettera.

Ma poi si trattenne e disse tra sè:

— Non vorrei che della carta bruciata facesse nascere dei sospetti. Demetrio, alle volte, è così ombroso! Invece di bruciarla, strappiamola. Così! —

E la lettera fu strappata in due pezzi.

— Però prima di strapparla, potevo almeno aver guardato la data. Vediamo un po’ se riunendo i pezzi, potessi raccapezzare in che giorno è stata scritta...: 17 aprile, ore 5 di mattina. È scritta proprio d’oggi! Ora son contenta e non voglio leggerne più: nemmeno una parola. Guarda un po’ che sfacciato! O che non ha il coraggio di chiamarmi Adorata Laura? E chi gli dà il diritto di prendersi con me tanta confidenza? Sono stanco di vedermi trattato con tanta freddezza.... Poverino! se è stanco si metta a sedere. E poi se è stanco lui, sono stanca anch’io: e così ci troviamo perfettamente d’accordo.... Vi ho supplicato mille volte per ottenere da voi un colloquio intimo, a quattr’occhi, di pochi minuti.... Cucù! caro mio, è inutile che tu faccia con me il Giorgio, perchè io non sono l’Emilia.... Sicuro gua’: nome si fa a negargli un colloquio intimo a quattr’occhi? Bisogna essere proprio scompiacenti!... So che questa sera avete fissato di andare con Demetrio alla prima rappresentazione dell’Opera nuova. Non potreste lì per lì improvvisare un dolor di capo e rimanere in casa?... Perchè no? Quando si tratta di fare un piacere a un galantuomo come lui, qual’è quella donna che non comprerebbe apposta un dolor di capo? Se voi mi negate questa prova di fiducia, io non son degno di restare in casa vostra, e partirò fra due o tre giorni.... Fra due o tre giorni? Anzi caro il mio Don Giovanni, lei partirà subito: oggi stesso! e a farlo uscir di casa ci penserò io! Lo sappia, signorino bello! Se le mi crede una donna del genere dell’Emilia, ha sbagliato, e sbagliato all’ingrosso.


*


Laura andò subito a cercare del marito: e trovatolo in camera, gli disse con accento risoluto:

— Qui bisogna prendere una misura energica....

— Cioè?

— Bisogna che Vittorio se ne vada subito di casa nostra.

— Perchè!

— Perchè il paese è pettegolo, e io non voglio chiacchiere sul conto mio.

— Hai ragione! Domani gliene parlerò.

— Che domani? subito.

— Gliene parlerò stasera.

— Subito, ti dico.

— Vuoi metterlo fuori così su due piedi?

— Fra cinque minuti, se è possibile.

— Ma in questo modo si trattano i ladri! Aspettiamo almeno a domani.

— No! no no! no! Ho detto subito, e deve andarsene subito!

— Anderò a cercarlo in giardino. Meno male che oggi è accomodata ogni cosa....

— Cioè?

— In questi giorni ho avuto un carteggio diplomatico coll’Emilia e sua madre, e oramai la riconciliazione fra gli sposi è fatta.

— E perchè non mi hai detto nulla?

— Che vuoi? Vittorio mi si era raccomandato per la segretezza!

— Senti, senti! — replicò Laura, con accento ironico. — Quel buon figliuolo di Vittorio ti si era raccomandato per la segretezza? Ma tu, lascia che te lo dica, hai fatto malissimo ad entrare in questo pasticcio. Fra un mese que’ due scimuniti saranno daccapo alle solite scene.

— Non lo credo. Sono più innamorati di prima.

— Che sia innamorata l’Emilia, può darsi: è una donna che non ha avuto mai carattere; ma in quanto a Vittorio, ne dubiterei.

— È innamorato anche lui!

— Vittorio no!

— Come lo sai?

— Me lo figuro. E l’Emilia vien qua?

— I coniugi si ritroveranno in casa nostra; non sarà detta una parola sull’accaduto, nè da una parte nè dall’altra, e dopo pochi giorni prenderanno il volo per un lungo viaggio.

— E se Vittorio non volesse partire?

— Com’è possibile, se è lui che ha messo questa condizione del viaggio? —

Laura cambiò di colore, si morse il labbro di sotto e bisbigliò fra i denti:

— Vigliacco!... e vorrebbe che stasera l’aspettassi in casa! Se mi capita davanti, guai a lui!

— Dunque — disse Demetrio, avviandosi — io scappo giù in giardino.

— A far che?

— A pregar Vittorio, perchè voglia andarsene....

— E perchè tutta questa fretta?

— Tu vuoi che egli esca subito di casa nostra....

— Ma quando si dice subito, s’intende bene che basta anche domani, anche domani l’altro! Non vedo il perchè tu abbia tanta premura di metterlo fuori di casa.

— Io?

— Che carattere curioso! Quando prendi a perseguitare una persona, non hai bene fin che non l’hai cacciata in mezzo alla strada. —


*


Un quarto d’ora dopo, Vittorio e Laura s’incontrarono per caso in sala, ed ebbero fra loro, a scappa e fuggi, un dialogo brevissimo, ma drammatico e concitato.

Il dialogo finì con queste parole:

— Laura, non mi dite di no! Datemi questa prova di fiducia, e io vi prometto di rispettarvi come si rispettano le cose sante!

— Davvero?

— Ve lo giuro!

— Ebbene, stasera vi aspetterò nel mio salotto da lavoro. Sento che faccio molto male; ma oramai è destino. —


*


La sera, mentre Laura stava per andare al teatro, fu colta da un improvviso e violentissimo attacco d’emicrania.

Il povero Demetrio tirò fuori tutti i sali e tutti gli aceti della sua piccola farmacia casalinga; ma nulla valse. Quando l’emicrania è una di quelle tremende emicranie inventato apposta dalle donne che hanno bisogno di rimanere in casa, non c’è barba di marito che possa arrivare a guarirle.

— Pazienza! resterò in casa anch’io, — disse Demetrio.

— No, mio buon amico: vuoi farmi davvero un regalo?

— Con tutto il core.

— Allora lasciami tranquilla, lasciami sola, lasciami dormire. Tu va’ al teatro; e siccome la natura t’ha dato un orecchio felicissimo, procura li portar via tutti i motivi e tutte le frasi più belle dell’opera, e a mezzanotte, quando tornerai a casa dopo lo spettacolo, me le ripeterai sul pianoforte. Rammentati che sto alzata apposta per aspettarti.

— Se incontrassi almeno quel vagabondo di Vittorio, lo porterei al teatro con me.

— Vittorio è partito col treno delle sette e mezzo.

— Per dove?

— Per Sant’Aquino. Gli è venuta la tenerezza di andare a fare una visita allo zio Arciprete.

— Pazienza! — ripetò Demetrio, e preso il cappello e i cannocchiali da teatro, uscì di casa.


*


Non erano passati cinque minuti che la Marietta entrò nel salottino, dov’era la sua padrona distesa sul canapè, e le disse sottovoce con una specie di mistero:

— Sa chi è di là?

— Chi?

— La signora Emilia! —

Laura fu presa da un tremito per tutta la persona; ma ebbe tanto spirito per dire alla cameriera:

— E che bisogno c’è di tutto codesto mistero!

— Credevo....

— Chétati, imbecille, ed escimi di torno! —

La Marietta se ne andò, ma nell’andarsene via dalla stanza, disse fra sè e sè tutta contenta: — «Imbecille quanto ti pare; ma intanto ti ho guastato le uova nel panierino».

— Laura!

— Emilia! Che cosa significa questa improvvisata!

— Un capriccio, uno de’ miei soliti capricci, mia cara e simpaticissima amica. E Vittorio è in casa?

— Credo che Vittorio per questa sera non lo potrai vedere.

— Perchè?

— Perchè mi ha detto che andava, colla strada ferrata, a fare una visita allo zio Arciprete.

— Per l’appunto stasera! Pazienza. Scommetto che tu non mi aspettavi.

— A dir la verità, ti aspettavo fra tre o quattro giorni. Almeno così mi disse Demetrio.

— Ma invece ho anticipato: e sai perchè? Per arrivar qui all’improvviso senza che Vittorio ne sapesse nulla.

— Una sorpresa dunque?

— Precisamente.

— Hai forse qualche sospetto!

— Ti dirò; jeri mattina ho ricevuto una lettera anonima. —

In questo momento, la Marietta fece capolino alla porta di sala e si pose in orecchi con vivissima curiosità.

— E questa lettera diceva? — domandò Laura.

— Diceva così: — «Se vi preme vostro marito, venite subito qua, perchè la patria è in pericolo....». Eccola qui la lettera: riconosci per caso questo carattere!

— Uhm!... no....

— È carattere di donna.

— Ma dev’essere una donna molto ignorante, perchè fra l’altre cose ha scritto pericholo coll’h.

— Coll’h? dov’è quest’h? — disse imprudentemente quella giuccherella della Marietta, facerdosi avanti tutta stizzita.

— Come c’entri tu nei nostri discorsi? — gridò Laura alla cameriera. — Va’ subito di là, e pensa alle tue faccende.


*


— E Demetrio è fuori! — dimandò l’Emilia.

— È al teatro. Stasera va in scena l’Opera nuova. Ci vuoi andare?

— Volentieri. Vieni anche tu?

— Figurati se ci verrei! Ma ho un dolor di capo da ammattire.

— Allora non ci vado neppur io.

— Perchè?

— Oh bella perchè voglio tenerti compagnia.

— Bada, ti annojerai!

— E poi ho un certo presentimento....

— Quale?

— Mi son messa in testa che Vittorio da un momento all’altro debba tornare.

— Ma se ti dico che è partito colla strada ferrata.

— O non potrebbe aver fatto tardi al treno? I casi son tanti! —

In questo mentre si sentì nella stanza accanto la voce di Demetrio, che gridava con accento di vera allegrezza:

— Come! la signora Emilia è qui? Ma brava signora Emilia; come sta?

— Benissimo, mio eccellente amico. Io vi credevo al teatro....

— Pur troppo! Ma per la solita indisposizione del solito tenore, il teatro è chiuso. Se foste arrivata un’ora prima, avreste trovato qui anche il vostro Vittorio. Peccato! siete arrivata tardi!

— Eppure ho sempre la speranza di essere arrivata a tempo! — ribattè l’Emilia, guardando Laura e facendo una di quelle risatine pungenti, che graffiano la pelle come la zampa vellutata e traditora del gatto.

— Io non voglio togliervi la speranza, — disse Demetrio; ma Vittorio a quest’ora è a casa dello zio.

— A casa ancora no, — soggiunse Laura, sforzandosi di parer tranquilla e indifferente. — Forse a sarà a mezza strada.

— E io lo credo più vicino.... molto più vicino! — insistè l’Emilia.

— Il signor Vittorio è qui — disse la Marietta affacciandosi sulla porta.

Difatti Vittorio entrò in sala e gettandosi al collo di sua moglie, gridò con voce commossa e appassionata:

— Ah! il cuore me lo diceva.

— Vedi, Laura, se avevo ragione — disse l’Emilia col solito risolino: quindi voltandosi a Vittorio gli domandò:

— E com’è che non sei più partito?

— Un caso come ne accadono tanti. Mentre il treno stava per partire, mi sono accorto di aver lasciata la sacca da viaggio nella stanza del Capostazione. Scendo a terra, credendo di fare a tempo....

— Basta, basta, — interruppe l’Emilia. — È una storiella che conosco; l’ho sentita raccontare in mille commedie. Del resto, qui non c’è tempo da perdere. Rammentati che dobbiamo ripartire stasera col treno delle dieci.

— Stasera?... Impossibile. Oramai partiremo domani. Non ho fatto neppure la mia valigia.

— Alla tua valigia ci penso io, — replicò l’Emilia con un tono di voce, che non ammetteva repliche nè osservazioni: e, accesa una candela stearica, che era sulla tavola, si fece insegnare la camera di Vittorio.


*


Dopo pochi minuti tornò in sala e disse:

— La valigia è fatta.

— Ci hai messo tutto?

— Tutto, fuori che questa fotografia, perchè m’immagino che vorrai tenerla nel portafogli.... dalla parte del cuore.

— Quale fotografia!

— Questo ritratto di donna.... L’hai già dimenticato? Eppure c’è scritto dietro col lapis — ricordo di un primo amore — E il carattere non è tuo..., è di lei!... —

Sebbene l’Emilia pronunziasse quel lei senza guardare in faccia nessuno, Laura diventò del color della morte e mancò poco non cadesse svenuta.

— La conosci questa donna? — riprese l’Emilia, mettendo la fotografia sotto gli occhi di Vittorio.

— Non mi pare....

— Fatela vedere a me, — disse Demetrio; — io forse la conosco....

— No, povero amico, non la conoscete neppur voi!.., o almeno non la conoscete bene!

— Ditemi almeno se è bella.

— Bella? peuh! così così.... Dico la verità, se io fossi un uomo non la sposerei davvero. —

A queste parole, Laura, che era bianca come un’immagine di cera, diventò verde come uno smeraldo.

Allora la moglie di Vittorio avvicinò il ritratto alla fiammella della candela e gli dette fuoco.

— Perchè lo bruciate? — domandò Demetrio quasi dispiacente.

— Lo brucio.... sapete perchè? perchè ho sempre sentito dire che il fuoco purifica tutto. —

Intanto era venuta l’ora degli addii.

L’Emilia, abbracciando Laura, fece finta di baciarla; e questa ricambiò l’amica con la stessa sincerità di cuore.

Quanto a Demetrio, non ci fu verso di persuaderlo a rimanere in casa. Volle a ogni costo accompagnare i due coniugi riconciliati per opera e merito suo, fino alla strada ferrata.

Giunto là, e appena li ebbe messi, come suol dirsi tutt’e due nel vagone, disse loro sottovoce e con tono paternale, tenendoli stretti per la mano:

— La lezione che avete avuta è stata un po’ dura, ma vi avrà insegnato almeno a essere più prudenti per l’avvenire. Ricordatevi, amici miei, che se fra Laura e me non c’è stato mai nulla da dire, lo dobbiamo alla nostra prudenza!

— E un pochino anche a me, che sono arrivata a tempo! — soggiunse l’Emilia.

La macchina fischiò, il treno partì, e Demetrio, illuminato a un tratto dalle parole d’Emilia, se ne venne via dalla stazione, sempre più persuaso che i mariti veramente accorti e prudenti, possono saper tutto, ma non debbono mai avvedersi di nulla!



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