Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Ode XIV | Ode XVI | ► |
SOPRA SE STESSO.
Gige, un dì signor di Lidia,
Non seduce i miei pensier;
A’ suoi beni io non ho invidia,
4Non ho invidia al suo poter.
Questo avvien, perch’io non curo
Dell’argento lo splendor;
Nè m’abbaglia il mal sicuro
8Da’ Tiranni ambito allor.
Sol d’unguento il bianco crine
Sparger voglio e profumar;
E di rose porporine
12Io mi voglio inghirlandar.
Mai più d’oggi il mio pensiere
Non s’estende oltre il confin.
Doman poi, chi può sapere
16Qual ci attende altro destin?
Or che giorni a noi ridenti
Son concessi di goder,
Ah! s’ingannino i momenti
20Con i dadi e col bicchier.
Or beviam fra ’l gioco e il riso,
Pria che morte venga a te,
E ti dica all’improvviso:
24Tempo più di ber non è.