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Perchè turbarmi l’anima,
O d’oro e d’onor brame,
Se del mio viver Atropo
Presso è a troncar lo stame?
E già per me si piega 5
Sul remo il nocchier brun
Colà donde si niega
Che più ritorni alcun?
Queste che ancor ne avanzano
Ore fugaci e meste, 10
Belle ci renda e amabili
La libertade agreste.
Quì Cerere ne manda
Le biade, e Bacco il vin:
Quì di fior s’inghirlanda 15
Bella innocenza il crin.
So che felice stimasi
Il possessor d’un’arca,
Che Pluto abbia propizio
Di gran tesoro carca: 20
Ma so ancor che al potente
Palpita oppresso il cor
Sotto la man sovente
Del gelato timor.
Me non nato a percotere 25
Le dure illustri porte
Nudo accorrà, ma libero
Il regno de la morte.
No, ricchezza nè onore
Con frode o con viltà 30
Il secol venditore
Mercar non mi vedrà.
Colli beati e placidi,
Che il vago Èupili mio
Cingete con dolcissimo 35
Insensibil pendìo,
Dal bel rapirmi sento,
Che natura vi diè;
Ed esule contento
A voi rivolgo il piè. 40
Già la quiete, a gli uomini
Sì sconosciuta, in seno
De le vostr’ombre apprestami
Caro albergo sereno:
E le cure e gli affanni 45
Quindi lunge volar
Scorgo, e gire i tiranni
Superbi ad agitar.
In van con cerchio orribile,
Quasi campo di biade, 50
I lor palagi attorniano
Temute lance e spade;
Però ch’entro al lor petto
Penetra nondimen
Il trepido sospetto 55
Armato di velen.
Qual porteranno invidia
A me, che di fior cinto
Tra la famiglia rustica
A nessun giogo avvinto, 60
Come solea in Anfriso
Febo pastor, vivrò;
E sempre con un viso
La cetra sonerò!
Non fila d’oro nobili 65
D’illustre fabbro cura
Io scoterò, ma semplici
E care a la natura.
Quelle abbia il vate esperto
Nell’adulazïon 70
Chè la virtude e il merto
Daran legge al mio suon.
Inni dal petto supplice
Alzerò spesso a i cieli,
Sì che lontan si volgano 75
I turbini crudeli;
E da noi lunge avvampi
L’aspro sdegno guerrier;
Nè ci calpesti i campi
L’inimico destrier. 80
E, perchè a i numi il fulmine
Di man più facil cada,
Pingerò lor la misera
Sassonica contrada,
Che vide arse sue spiche 85
In un momento sol;
E gir mille fatiche
Col tetro fumo a vol.
E te villan sollecito,
Che per nov’orme il tralcio 90
Saprai guidar frenandolo
Col pieghevole salcio:
E te, che steril parte
Del tuo terren, di più
Render farai, con arte 95
Che ignota al padre fu:
Te co’ miei carmi a i posteri
Farò passar felice:
Di te parlar più secoli
S’udirà la pendice. 100
E sotto l’alte piante
Vedransi a riverir
Le quete ossa compiante
I posteri venir.
Tale a me pur concedasi 105
Chiuder campi beati
Nel vostro almo ricovero
I giorni fortunati.
Ah quella è vera fama
D’uom che lasciar può quì 110
Lunga ancor di sè brama
Dopo l’ultimo dì!