< Odissea (Pindemonte)
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Omero - Odissea (Antichità)
Traduzione dal greco di Ippolito Pindemonte (1822)
Indice degli argomenti
Libro XXIV

Lib. I. Proposizione del Poema. Concilio degli Dei, ove si determina il ritorno d’Ulisse. Minerva discende in Itaca; e, sotto la figura di Mente Re de’ Tafj, conforta Telemaco di condursi a Pilo, ed a Sparta, per sapere del padre, e per farsi anch’egli nel tempo stesso conoscere. Banchetto de’ Proci, cioè di coloro, che richiedon Penelope in moglie. Femio vi canta il funesto ritorno de’ Greci da Troja; e Penelope, che ode il canto dalle sue stanze, ne cala giù con due ancelle, e prega Femio di prendere un altro tema. Telemaco parla con fermezza alla madre, ed ai Proci, intima un parlamento pel giorno seguente, e nella sua stanza ritirasi a riposare

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Lib. II. Convocazione del Parlamento. Telemaco si richiama de’ Proci al popolo, e agli ottimati. Antinoo, capo di quelli, e il più temerario, ritorce l’accusa contra la madre, e vuole, ch’ei la costringa di scegliersi un nuovo marito tra essi, mercecchè il ritorno d’Ulisse non è più da sperarsi. Ma il figlio gli risponde, non dover far ciò, nè potere. Giove manda due aquile; donde il vecchio Aliterse pronostica vicino il ritorno d’Ulisse; e n’è ingiuriato da Eurimaco, l’altro Capo de’ Proci, ma men ribaldo. Dimanda, che Telemaco fa, d’una nave per andare a Pilo, ed a Sparta. Mentore si studia di eccitare il popolo contra i Proci; e Leocrito il minaccia, e scioglie il Parlamento. Telemaco, ritiratosi in riva del mare, priega Minerva, che gli appare sotto la figura di Mentore, e l’assistenza sua gli promette. Egli rientra nel palagio, e richiede la nutrice Euricléa del viatico. Dolore di questa per la partenza. Giunta la notte, il giovinetto imbarcasi con Minerva, che, pur sotto la figura di Mentore, l’accompagna.

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Lib. III. Arrivo di Telemaco a Pilo, mentre Nestore sagrificava solennemente a Nettuno. Il Re lo accoglie cortesemente. Telemaco se gli dà a conoscere, e domandagli novella del padre. Nestore racconta ciò, che nel ritorno da Troja è avvenuto a sè, e ad altri eroi della Grecia, fermandosi più a lungo sopra Agamennone. Ma d’Ulisse nulla sa dirgli. Bensì lo consiglia di andare a Sparta, e richiederne Menelao, che giunse di fresco dopo un lungo viaggio. Sparizione di Minerva, che sotto la figura di Mentore avea accompagnato Telemaco. Nestore, che la riconobbe, le fa il dì appresso un sagrifizio solenne; e commette a Pisistrato, un de’ suoi figli, di condurre a Sparta Telemaco sovra un cocchio. Partenza de’ due garzoni su l’Alba del giorno seguente

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Lib. IV. Telemaco, e Pisistrato giungono a Sparta nell’atto, che Menelao celebrava le nozze del figlio Megapente, e della figliuola Ermione. Menelao, ed Elena il riconoscono agevolmente per figlio d’Ulisse. Encomj di questo, e commozione in Telemaco, e negli altri ancora, sino alle lagrime; e artifizio d’Elena per raffrenarle. Tutti vanno a dormire. Comparsa l’Aurora, Menelao ode da Telemaco con isdegno la insolenza de’ Proci; ed a lui narra il suo viaggio in Egitto, e ciò, ch’ivi intese da Proteo intorno ad Agamennone, ad Ajace d’Oiléo, ed anche ad Ulisse. I Proci intanto risolvono d’insidiare Telemaco al suo ritorno, e d’ucciderlo. Angoscia di Penelope, che n’è informata, e cui Pallade poi con un sogno piacevole riconforta

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Lib. V. Nuovo concilio degli Dei. Pallade si lagna, che Ulisse ritenuto sia nell’isola di Calipso, e che si tenti d’ammazzare Telemaco. Giove manda Mercurio a Calipso, che, mal volentieri, congeda Ulisse. Partenza di questo sovra una spezie di zatta da lui construtta. Nettuno gli desta contro una orribil tempesta, per cui, spezzata la barca, ei gettasi a nuoto; e con l’ajuto d’una fascia, che Ino, Dea del mare, gli diede, approda, dopo infiniti patimenti, all’isola de’ Feaci

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Lib. VI. Pallade va nell’isola de’ Feaci, ed appare in sogno a Nausíca, figlia del Re Alcinoo; e l’esorta condursi al fiume a lavar le vesti, avvicinandosi il giorno delle sue nozze. Nausíca, ottenuto dal padre il cocchio, esce della città. Lavate le vesti, mettesi a giuocare alla palla con le sue ancelle. Lo strepito risveglia Ulisse, che ancor dormia, e che, presentatosi alla Principessa, pregala di sovvenimento. Ella il soccorre di cibo, e vestito; e guidalo alla città.

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Lib. VII. Nausíca giunge alla città, ed alla reggia, e Ulisse poco dopo, a cui Minerva sotto umana forma presentasi, e cui di più cose informa, che saper gli conviene. Stupor di lui alla vista del palagio d’Alcinoo, e descrizione così di questo, come del famoso giardino. Entrato nel palagio, supplica la Regina Arete, dalla quale, come pure dal Re, e dagli altri Capi, è con benignità ricevuto. Interrogato dalla Regina, che riconobbe le vesti, ch’egli avea indosso, narra in qual modo capitò, lasciata Calipso, all’isola de’ Feaci.

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Lib. VIII. Congresso de’ Feaci, in cui si delibera, se Ulisse debba essere alla patria sua ricondotto. Alcinoo dà un solenne convito, nel quale Demodoco canta d’una contesa, che Ulisse medesimo, e Achille ebbero un giorno tra loro. Il primo non può ritenere le lagrime. Si passa ai giuochi, ov’egli dà pruova di sè al disco, ed ove Demodoco canta la rete di Vulcano. Doni, che si fanno ad Ulisse. Questi ad un secondo convito sente ricordare dallo stesso cantore il gran cavallo di legno, e la caduta di Troja; e si lascia di nuovo cadere il pianto dagli occhi. Alcinoo allora il sollecita a manifestarsi, a dire il suo nome, e a raccontare le sue avventure.

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Lib. IX. Ulisse incomincia il racconto delle avventure sue dopo la sua partenza di Troja. Battaglia co’ Ciconi, che avean soccorso i Trojani. Arrivo al paese de’ Lotofagi, o sia mangiatori del loto. Descrizione d’una singolare isoletta, e della spelonca del Ciclope Polifemo. Questi gli divora sei de’ compagni; ed egli, dopo averlo acciecato, si salva con gli altri, mediante uno stratagemma nuovo, che seppe inventare.

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Lib. X. Ulisse giunge all’isola Eolia. Eolo gli fa il dono d’un otre, in cui tutti i venti, non compresovi zefiro, son rinchiusi. I compagni sciolgono l’otre; e i venti ne scappano, e riportano Ulisse ad Eolo, che il discaccia da sè. Passa alla città de’ Lestrigoni, popolo anche questo antropofago, e perde la più parte de’ compagni, e le navi, eccetto una, con la quale arriva all’isola di Circe. Costei gli trasforma in porci la metà de’ compagni, salvo uno, che viene a darne la nuova. Ulisse con l’erba Moli, che Mercurio gli diede, scioglie l’incanto. Stato un anno con Circe, questa il consiglia d’ire alla casa di Plutone; ed ei s’apparecchia, perduto uno de’ compagni, a ubbidirla.

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Lib. XI. Ulisse, continuando la sua narrazione, giunge ai Cimmerj, e va nell’Inferno. Compiute le debite cerimonie, gli appariscono le Ombre de’ morti; e quella d’Elpenore è la prima, con cui favella. Poi Tiresia l’informa de’ venturi suoi casi, e gl’insegna come superarli. Apparizion della madre, dalla quale intende lo stato della propria famiglia. Vengon poi le antiche eroine, e appresso gli eroi, tra i quali Agamennone, Achille, ed Ajace. Finalmente vede Minosse, Tizio, Tantalo, Sisifo, ed Ercole: finchè, preso da timore, ritorna in fretta alla nave.

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Lib. XII. Ritorno all’isola di Circe, esequie d’Elpenore, e partenza d’Ulisse. Questi, ammaestrato da Circe, vince il pericolo delle Sirene, schiva le Pietre erranti, e passa tra Scilla, e Cariddi, non però senza perdita di due de’ compagni. Arrivo all’isola Trinacria, cioè alla Sicilia, ove i compagni uccidono i buoi del Sole, e cibansi delle lor carni. Giove fulmina la nave, e tutti periscono, eccetto Ulisse, che su gli avanzi della nave si pone. In tale stato ripassa tra Scilla, e Cariddi, salvandosi da quest’ultima con un’arte maravigliosa; e dopo dieci giorni giunge all’isola di Calipso. E qui ha fine la sua narrazione.

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Lib. XIII. Nuovi regali ad Ulisse. Tutto è collocato nella nave, che ad Itaca dee condurlo. Egli s’accommiata dal Re, e s’imbarca. I Feaci il depongono in su la spiaggia, mentre dormia; e al lor ritorno Nettuno converte in pietra la nave loro. Destatosi, Ulisse non riconosce la patria per cagion d’una nebbia, che Pallade gli levò intorno. Questa gli appare in forma di pastorello: gl’insegna, qual modo dovrà tenere, per uccidere i Proci; e gli suggerisce di nascondere in un antro vicino i doni, che i Feaci, in partendo, avean lasciati sul lido. Finalmente il trasforma in vecchio mendico, acciocchè niuno in Itaca il riconosca

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Lib. XIV. Ulisse giunge alla casa d’Euméo. Condizione, in cui trovasi questo buon servo; accoglienza, ch’ei fa al suo padrone senza conoscerlo; e colloquio, che hanno tra loro. Ulisse finge d’esser di Creta, e racconta le sue false avventure. Sagrifizio d’Euméo, e cena. Sopravvenuta una notte fredda, e tempestosa, Ulisse con altra finta novella ottiene un manto dal servo; e questi va coricarsi sotto una spelonca in guardia delle sue mandre

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Lib. XV. Minerva appare di notte a Telemaco, e il conforta di tornare in Itaca. Ei si congeda da Menelao, e parte col figliuolo di Nestore. Giunto a Pilo, si rimbarca, senza rientrare nella città; e accoglie nella sua nave un indovino d’Argo, chiamato Teoclimeno, che fu costretto lasciar la patria per omicidio. Frattanto colloquj tra Ulisse, ed Euméo; il quale, non riconoscendolo ancora, gli narra, come da corsari Fenicj rapito fu, mentr’era fanciullo, da l’isola Siria, e venduto a Laerte. Telemaco, arrivato salvo alle spiagge d’Itaca, manda alla città la nave, e va tutto solo alla casa d’Euméo, di cui conosce la fedeltà

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Lib. XVI. Letizia d’Euméo all’arrivo di Telemaco, che mandalo alla città, per avvertir del suo ritorno la madre. Minerva appare ad Ulisse, gli restituisce le sue sembianze, e gli comanda di scoprirsi al figliuolo. Intanto que’ Proci, ch’erano in agguato, accortisi del ritorno di Telemaco, escono di quello, e si rendono in Itaca. Euméo, eseguito l’ordine, si riconduce alla villa, nè riconosce però Ulisse, cui Pallade nuovamente trasforma

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Lib. XVII. Arrivo prima di Telemaco alla città, e poi d’Ulisse accompagnato da Euméo. Ulisse è insultato dal caprajo Melanzio, e riconosciuto alle porte del palazzo dal vecchio cane Argo, che ne muore di gioja. Entrato nella sala in forma di vecchio mendico, va intorno accattando; e Antinoo lo scaccia superbamente da sè, e uno sgabello gli lancia contro. Penelope gli fa saper per Euméo che desidera di parlargli. Risposta d’Ulisse

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Lib. XVIII. Combattimento tra Iro, ed Ulisse, che rimane al di sopra. Penelope si presenta ai Proci, e si lagna, che insultino gli ospiti, e che, aspirando alle nozze di lei, in vece di offerirle i doni secondo il costume, divorino le sue sostanze. Doni de' Proci a Penelope. Sopravvenuta la notte, Ulisse è insultato nuovamente, prima con parole dall'ancella Melanto, e poi da Eurimaco, che uno sgabello, come già fece Antinoo, lanciagli contro

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Lib. XIX. Partiti i Proci, trasportano Ulisse, e Telemaco l’armi nelle stanze superiori. Telemaco va coricarsi; e Penelope scende, per favellar con Ulisse, che solo è rimasto. Questi finge una storia, che la Regina ode con grande commozion d’animo. La nutrice Euricléa riconosce, lavandolo, Ulisse. Penelope gli narra un sogno, e gli palesa il cimento, che intende proporre ai Proci, come condizione delle nozze, alle quali non può oramai più sottrarsi.

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Lib. XX. Ulisse si sdraja nell’atrio, e osserva la disonestà dell’ancelle. Chiede a Giove qualche segno favorevole; ed è esaudito. Temerità di Melanto, e accoglienza amorevole di Filezio. Ctesippo lancia contro ad Ulisse un piè di bue: ma nol coglie. Vaticinio di Teocliméno. I Proci se ne fan beffe; e scherniscono Ulisse ancora, e Telemaco

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Lib. XXI. Penelope, per ispirazion di Minerva, propone il cimento dell’arco, presta di quello sposare tra i Proci, che saprà tenderlo, e spinger secondo la imposta legge lo strale. Telemaco apparecchia il giuoco, ed egli stesso pruovasi il primo, pensando di ritenere in casa, se il gioco gli riesce, la madre: ma in sul più bello il padre gli comanda di starsi. Si pruovano alcuni Proci, ed inutilmente. Escono intanto Filezio, ed Euméo; e Ulisse li siegue, si scuopre, e dà loro gli ordini più opportuni. Nuovi, ed inutili tentativi; dopo i quali Antinoo suggerisce di differire al giorno appresso il cimento. Ulisse anch’egli vuol cimentarsi, e i Proci s'oppongono indarno. Egli esamina l’arco, il tende con molta facilità, e spinge la freccia secondo il rito felicemente

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Lib. XXII. Ulisse comincia la gran vendetta, e il primo, che uccide, saettandolo, è Antinoo. Eurimaco tenta di placarlo, ma indarno; e, dopo aver confortato i compagni a combattere, è ucciso anch’egli da Ulisse. Telemaco ammazza Anfinomo. Poi, mentre il padre segue a maneggiar l’arco, va prender le altre armi così per lui, come per sè, e per li due pastori. Melanzio fa il medesimo per li Proci. Punizione di lui. Minerva comparisce ad Ulisse in forma di Mentore, e l’incoraggia. Appresso scuopre l’Egida, e mette i Proci in grande scompiglio. Tutti rimangono uccisi, e solamente son risparmiati il poeta Femio, e l’araldo Medonte. Elogio della poesia. Le donne colpevoli obbligate sono a trasportar fuori i cadaveri: indi punite. Ulisse purifica con fuoco e zolfo la casa, e chiama a sè le altre donne, che gli fanno gran festa, e ch'egli subito riconosce

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Lib. XXIII. Euricléa corre a destar Penelope, e a farle sapere, che Ulisse è giunto, ed ha uccisi i Proci. Penelope tratta la vecchia da folle, e attribuisce la uccisione de’ Proci a un Dio, parendole, che un uomo non potesse giungere a tanto. Tuttavia scende, ma tiensi lontana da Ulisse, cui non ravvisa. Sdegno di Telemaco contra la madre, che si giustifica. Ulisse comanda una festa da ballo, perchè i vicini credano, che la Regina sia passata a novelle nozze, e resti occulta frattanto la morte de’ Proci. Poi, entrato nel bagno, e restituitogli da Minerva l’antica sembianza si presenta di nuovo a Penelope, che non vuol riconoscerlo ancora. Finalmente, uditolo ella parlare del conjugale lor letto, di cui altri non potea avere contezza, depone tutti i suoi dubbj, e alla gioja abbandonasi, ed all’amore. Minerva prolunga la notte. Ragionamenti di Penelope, e Ulisse. Sorta l’Aurora, egli levasi, e va col figlio, e co’ due pastori, trovar Laerte, passando per la città in una nube, di cui gli avvolse, per occultarli, la Dea.

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Lib. XXIV. Mercurio conduce all’Inferno le anime de’ Proci. Colloquio tra l’anima d’Agamennone, e quella d’Achille; e racconto, che il primo fa, de’ funerali magnifici del secondo. Altro colloquio tra lo stesso Agamennone, e Anfimedonte, che fu de’ Proci. Ulisse giunge con Telemaco, e i due pastori, al soggiorno di Laerte suo padre. Riconoscimento d’Ulisse, e gioja di Laerte. Dolio, vecchio servitor di quest’ultimo, ritorna dal lavoro con sei figliuoli: altro riconoscimento. Frattanto, corsa la fama della morte de’ Proci, Eupite, il padre d’Antinoo, eccita il popolo a vendicarla. Se gli oppongono Medonte, e Aliterse. Egli nondimeno esce co’ suoi seguaci della città. Ulisse armasi co’ suoi pochi, e va loro incontro, combattendo lo stesso Laerte, che, incoraggiato da Minerva, lancia contra Eupite il primo colpo, e l’uccide. Ulisse, e Telemaco menano strage. Finalmente Minerva, a cui Giove fa cadere un fulmine innanzi ai piedi, termine impone al conflitto, e la pace, sotto la figura di Mentore, ristabilisce

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