< Operette morali < Il Copernico
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Il Copernico - Dialogo
Scena prima: L'Ora prima e il Sole
Dialogo di Timandro e di Eleandro Il Copernico - Scena seconda



IL COPERNICO,
DIALOGO.




SCENA PRIMA.
L'ORA PRIMA E IL SOLE.


Ora prima
Buon giorno, Eccellenza.
Sole
Sì: anzi buona notte.
Ora prima
I cavalli sono in ordine.
Sole
Bene.
Ora prima
La diana è venuta fuori da un pezzo.
Sole
Bene: venga o vada a suo agio.
Ora prima
Che intende di dire vostra Eccellenza?
Sole
Intendo che tu mi lasci stare.
Ora prima
Ma, Eccellenza, la notte già è durata tanto, che non può durare più; e se noi c’indugiassimo, vegga, Eccellenza, che poi non nascesse qualche disordine.
Sole
Nasca quello che vuole, che io non mi muovo.
Ora prima
Oh, Eccellenza, che è cotesto? si sentirebbe ella male?
Sole
No no, io non mi sento nulla; se non che io non mi voglio muovere: e però tu te ne andrai per le tue faccende.
Ora prima
Come debbo io andare se non viene ella, chè io sono la prima Ora del giorno? e il giorno come può sere vostra Eccellenza non si degna, come è solita, di uscir fuori?
Sole
Se non sarai del giorno, sarai della notte; ovvero le Ore della notte faranno l’uffizio doppio, e tu e le tue compagne starete in ozio. Perchè, sai che è? io sono stanco di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su un pugno di fango, tanto piccino, che io, che ho buona vista, non lo arrivo a vedere: e questa notte ho fermato di non volere altra fatica per questo; e che se gli uomini vogliono veder lume, che tengano i loro fuochi accesi, o proveggano in altro modo.
Ora prima
E che modo, Eccellenza, vuole ella che ci trovino i poverini? E a dover poi mantenere le loro lucerne, o provvedere tante candele che ardano tutto lo spazio del giorno, sarà una spesa eccessiva. Che se fosse già ritrovato di fare quella certa aria da servire per ardere, e per illuminare le strade, le camere, le botteghe, le cantine e ogni cosa, e il tutto con poco dispendio; allora direi che il caso fosse manco male. Ma il fatto è che ci avranno a passare ancora trecento anni, poco più o meno, prima che gli uomini ritrovino quel rimedio: e intanto verrà loro manco l’olio e la cera e la pece e il sego; e non avranno più che ardere.
Sole
Andranno a caccia delle lucciole, e di quei vermicciuoli che splendono.
Ora prima
E al freddo come provvederanno? chè senza quell’aiuto che avevano da vostra Eccellenza, non basterà il fuoco di tutte le selve a riscaldarli. Oltre che si morranno anco dalla fame: perchè la terra non porterà più i suoi frutti. E così, in capo a pochi anni, si perderà il seme di quei poveri animali: che quando saranno andati un pezzo qua e là per la terra, a tastone, cercando di che vivere e di che riscaldarsi; finalmente, consumata ogni cosa che si possa ingoiare, e spenta l’ultima scintilla di fuoco, se ne morranno tutti al buio, ghiacciati come pezzi di cristallo di roccia.
Sole
Che importa cotesto a me? che, sono io la balia del genere umano; o forse il cuoco, che gli abbia da stagionare e da apprestare i cibi? e che mi debbo io curare se certa poca quantità di creaturine invisibili, lontane da me i milioni delle miglia, non veggono, e non possono reggere al freddo, senza la luce mia? E poi, se io debbo anco servir, come dire, di stufa o di focolare a questa famiglia umana, è ragionevole, che volendo la famiglia scaldarsi, venga essa intorno del focolare, e non che il focolare vada dintorno alla casa. Per questo, se alla Terra fa di bisogno della presenza mia, cammini ella e adoprisi per averla: chè io per me non ho bisogno di cosa alcuna dalla Terra, perché io cerchi di lei.
Ora prima
Vostra Eccellenza vuol dire, se io intendo bene, che quello che per lo passato ha fatto ella, ora faccia la Terra.
Sole
Sì: ora, e per l’innanzi sempre.
Ora prima
Certo che vostra Eccellenza ha buona ragione in questo: oltre che ella può fare di se a suo modo. Ma pure contuttociò, si degni, Eccellenza, di considerare quante cose belle è necessario che sieno mandate a male, volendo stabilire questo nuovo ordine. Il giorno non avrà più il suo bel carro dorato, co’ suoi bei cavalli, che si lavavano alla marina: e per lasciare le altre particolarità, noi altre povere ore non avremo più luogo in cielo, e di fanciulle celesti diventeremo terrene; se però, come io aspetto, non ci risolveremo piuttosto in fumo. Ma sia di questa parte come si voglia: il punto sarà persuadere alla Terra di andare attorno; che ha da esser difficile pure assai: perch’ella non ci è usata; e le dee parere strano di aver poi sempre a correre e affaticarsi tanto, non avendo mai dato un crollo da quel suo luogo insino a ora. E se vostra Eccellenza adesso, per quel che pare, comincia a porgere un poco di orecchio alla pigrizia; io odo che la Terra non sia mica più inclinata alla fatica oggi che in altri tempi.
Sole
Il bisogno, in questa cosa, la pungerà, e la farà balzare e correre quanto convenga. Ma in ogni modo, qui la via più spedita e la più sicura è di trovare un poeta ovvero un filosofo che persuada alla Terra di muoversi, o che quando altrimenti non la possa indurre, la faccia andar via per forza. Perchè finalmente il più di questa faccenda è in mano dei filosofi e dei poeti; anzi essi ci possono quasi il tutto. I poeti sono stati quelli che per l’addietro (perch’io era più giovane, e dava loro orecchio), con quelle belle canzoni, mi hanno fatto fare di buona voglia, come per un diporto, o per un esercizio onorevole, quella sciocchissima fatica di correre alla disperata, così grande e grosso come io sono, intorno a un granellino di sabbia. Ma ora che io sono maturo di tempo, e che mi sono voltato alla filosofia, cerco in ogni cosa l’utilità, e non il bello; e i sentimenti dei poeti, se non mi muovono lo stomaco, mi fanno ridere. Voglio, per fare una cosa, averne buone ragioni, e che sieno di sostanza: e perchè io non trovo nessuna ragione di anteporre alla vita oziosa e agiata la vita attiva; la quale non ti potria dar frutto che pagasse il travaglio, anzi solamente il pensiero (non essendoci al mondo un frutto che vaglia due soldi); perciò sono deliberato di lasciare le fatiche e i disagi agli altri, e io per la parte mia vivere in casa quieto e senza faccende. Questa mutazione in me, come ti ho detto, oltre a quel che ci ha cooperato l’età, l’hanno fatta i filosofi; gente che in questi tempi è cominciata a montare in potenza, e monta ogni giorno più. Sicchè, volendo fare adesso che la Terra si muova, e che diasi a correre attorno in vece mia; per una parte veramente sarebbe a proposito un poeta più che un filosofo: perchè i poeti, ora con una fola, ora con un’altra, dando ad intendere che le cose del mondo sieno di valuta e di peso, e che sieno piacevoli e belle molto, e creando mille speranze allegre, spesso invogliano gli altri di faticare; e i filosofi gli svogliano. Ma dall’altra parte, perchè i filosofi sono cominciati a stare al di sopra, io dubito che un poeta non sarebbe ascoltato oggi dalla Terra, più di quello che fossi per ascoltarlo io; o che, quando fosse ascoltato, non farebbe effetto. E però sarà il meglio che noi riccorriamo a un filosofo: che se bene i filosofi ordinariamente sono poco atti, e meno inclinati, a muovere altri ad operare; tuttavia può essere che in questo caso così estremo, venga loro fatta cosa contraria al loro usato. Eccetto se la terra non giudicherà che le sia più espediente di andarsene a perdizione, che avere a travagliarsi tanto: che io non direi però che ella avesse il torto: basta, noi vedremo quello che succederà. Dunque tu farai una cosa: tu te n’andrai là in Terra; o pure vi manderai l’una delle tue compagne, quella che tu vorrai: e se ella troverà qualcuno di quei filosofi che stia fuori di casa al fresco, speculando il cielo e le stelle; come ragionevolmente ne dovrà trovare, per la novità di questa notte così lunga; ella senza più, levatolo su di peso, se lo gitterà in sul dosso; e così torni, e me lo rechi insin qua: che io vedrò di disporlo a fare quello che occorre. Hai tu inteso bene?
Ora prima
Eccellenza sì. Sarà servita.
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