< Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
146 lettere a maria.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu{{padleft:186|3|0]]

Simile a donna sterile, ed arcani
Fino a sè stessi; e non vorrai, Maria,
Che trovino lassuso il compimento?

  Oh! sì, l’avranno. E tu lo rivelavi,
Divo d’Atene moribondo: e allora
Già non falliva il famigliar tuo genio,
Che due volte immortal ti predicea.

  Calava il sole un vespero d’autunno
Remotissimo a noi: le inseminate
Cime all’Imeto si tingean di rosa;
Con le ghirlande del ritorno in poppa
Un naviglio le azzurre onde spartía
Salutando il Pirèo; giocondi gruppi
Di verginelle ripetean sul lido
Inni de la immortale poveretta
Che a Leucade saltò; quando un acuto
Grido s’intese correre le vie:
“Socrate è morto.”
                                   E forse, Attica bella,
Quella cicuta fu ’l maggior peccato
Che ne la immonda servitù scontasti!
E forse dopo un lungo ordin di turpi
Secoli di dolor, senza saperlo,
Col nobil sangue il martire Bozzari
Di quel tradito ti lavò la macchia!

  Socrate è morto! Ma a la stirpe d’Eva
La più superba eredità lasciava
In questo ver: che l’anima non muore.

  O sapïente che svelasti a noi
Un perpetuo avvenir, forse bramato

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.