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Simile a scòlta sul confine estremo
Dell’imperio del sole, irto di geli,
Muto di lume il solitario Urano:
E via pel taciturno etere in fuga
Ire e redir Comete, inipazïenti
Visitatrici d’altri ignoti soli
Pari a Sibille, che, disciolto il crine,
Profetino terrori.

                                   “O Madre mia,
Più non ravviso la natal mia terra!
Dimmi ove gira, chè tuttor per due
Sepolture m’è cara, e per il fido
Amor d’alcuna creatura viva?”

  E a far pago il desio devía le penne
L’angelica mia guida, e da la veste
Semina fiocchi di cadenti stelle.
Volti di novo vêr le vie del sole,
Col dïafano dito Ella mi accenna
Lontan lontano un punto bruno.

                                                         “Madre,
Vedo una cosa piccioletta in fondo
Movere là nel vano: è forse quello
L’orbe superbo de le nostre patrie
Dai mar, dai monti, dai deserti immensi?”

  “Sì; quel granel di polvere che vola
Là giù, è la Terra. E pari a le funèbri
Che fra poco vedrai larve di mondi
Qua e là disperse, anch’ella quando fia
Piena la cifra de’ suoi dì fatale,
Così travolta andrà per lo infinito.

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