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ore cattive. 205

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II.

  Perchè piangi così mortificata?
Psiche, che cerchi? — Io già tel dissi; «Amore
Non tormentarlo, chè volerà via.»
Ed è volato, e senza più ritorno.
Misero! mi narrâr che l’altra sera,
Quando lasciò de’ tuoi lari la soglia,
Iva come ebro; gli erano d’un tratto
Imbianchite le chiome, e ne la sua
Fuga accorata ei lagrimava, e d’ogni
Lagrima spanta uscíano lucciolette
Di gelato splendor. Ma poi che al ciglio
Giunse del prato ch’è di fronte al colle,
Irruppe dai conserti orni una gente
Sinistra ad assalirlo; e ognun di loro
Avea nome: Sospetto. Avvelenate
Punte di stilo gli piantar nel fianco;
E cadde spento. Indi passava a caso
Amorosa dei campi e de la luna
La Musa mia, che inorridì mirando
L’atroce scena. Si raccolse in collo
Il morticino, a cui pendean le braccia
Tristamente, e la testa; e improvvisando
Inni funérei, nottetempo al piede
Lo seppellì del tiglio. Ignota a tutti
Questa istoria credea: ma le cicale
Concittadine ne cantâro a lungo
L’epicedio indiscrete e le venture.



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