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epicedio per una bimba. 257

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  Inavvertito peregrin d’affanno
La dolce visitai casa romita,
E nell’arida età del disinganno
Cercai le impronte de la prima vita;

  Vidi la stanza, ove la pia scendea
A risvegliarmi con l’amplesso usato,
L’ampia finestra, onde vegliar solea
Me ne’ giuochi anelante in mezzo al prato;

  Rividi i fiori, il mandorlo, il giardino,
E udir mi parve il capinero antico
Là, su la cima tremola del pino,
Che festeggiasse il ritornato amico;

  La corte, l’atrio, il focolar, le scale,
Tutto in quel mio perduto paradiso,
Quando io passava, mi diceva: vale;
Tutto avea la sua lagrima, il suo riso.

  E piansi, e piansi; e su la fossa acerba,
Arcano albergo d’infinito affetto,
Genuflesso raccolsi un filo d’erba,
Gemma fatata che mi posa in petto.

  E tu perdona, bella travagliosa,
Se al tuo dolore il mio dolor confondo;
Non avea che una corda armonïosa
Pel mio fil d’erba, e pel tuo riccio biondo.



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